Biden-Harris, il passaggio di testimone non è scontato: cosa può succedere

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(Adnkronos) – Con la decisione di Joe Biden di rinunciare alla candidatura per le elezioni 2024 e l’endorsement dato a Kamala Harris, la vice presidente democratica è di fatto la front runner a diventare la nuova candidata alla Casa Bianca. Ma il passaggio di testimone non è automatico, dal momento che la decisione sofferta dell’81enne presidente di fatto ha aperto la strada ad una ‘open convention’, cioè una convention che il 19 agosto prossimo a Chicago si aprirà senza il candidato già prescelto nelle primarie. Ed altri democratici potranno contendersi con Harris il voto dei delegati.  Bisogna comunque ricordare che i delegati non solo sono stati eletti in quota Biden ma sono stati anche selezionati dalla sua campagna. Quindi per avere una maggioranza di delegati che scelga un candidato diverso da Harris ci dovrebbe essere un massiccio numero di defezioni da parte dei supporter di Biden. In teoria comunque secondo le regole del partito democratico i delegati eletti per Biden non hanno nessun obbligo di appoggiare il successore da lui indicato.  Bisogna poi considerare un altro gruppo di delegati, i cosiddetti ‘super delegati’, circa 700 leader del partito e funzionari eletti che diventano autonomamente delegati. Loro hanno maggiore libertà di voto – solitamente possono partecipare solo dalla seconda chiamata – ma non è ancora chiaro se in questa convention senza precedenti si seguiranno altre regole, diciamo di emergenza.  Tecnicamente per candidarsi alla nomination in una open convention, i candidati devono presentare almeno 300, ma non più di 600, firme di delegati. Ogni candidato può firmare una sola petizione di un candidati. Inoltre un candidato non può ottenere il sostegno di più di 50 delegati di un determinato Stato. Calcolando che ci sono 4700 delegati, il numero dei possibili candidati potrebbe arrivare ad un massimo di 15, in uno scenario da incubo e di completo caos che sicuramente i democratici nelle prossime settimane cercheranno in tutti i modi di evitare.  
Infine c’è la questione di fondi elettorali: alla fine di giugno la campagna di Biden aveva 96 milioni nelle sue casse, staff ed uffici elettorali in tutto il Paese. Ora a chi andrà questa massiccia infrastruttura? Questo anche è un terreno inesplorato, dal momento che non ci sono precedenti di cambio di candidato nell’era delle campagne elettorali miliardarie. Certo se Harris rimarrà nel ticket, sarebbe logisticamente più facile per lei prendere il controllo dei fondi e della macchina elettorale, dal momento che i soldi ed il resto sono intitolati alla campagna Biden-Harris.  —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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