«C’era una volta in Italia, signore e signori, un uomo straordinario che ancora riecheggia per il mondo intero…»
Enrico Brizzi legge, la prima riga, del suo ultimo libro “Enzo – il sogno di un ragazzo”.
Venerdì 13 ottobre a Cagliari, nella seconda serata del “Marina Cafè Noir, lo scrittore bolognese, Enrico Brizzi, già autore di successi, come “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, ha presentato la sua ultima opera “Enzo – il sogno di un ragazzo”. Noi fortunatamente, tra una birra e l’altra, siamo riusciti ad incontrarlo:
“Enzo” che libro è?
«Enzo di cui si parla nel titolo, è Enzo Ferrari, ma non si tratta di una biografia, come si potrebbe pensare. Ma si tratta di una biografia collettiva, si parla di una Generazione cresciuta, agli inizi del ‘900. Innamorata della velocità, del progresso che sta rendendo un posto migliore, sino ad illudersi collettivamente che il mondo possa diventare perfetto. In realtà tutto questo progresso, sfocia in quella barbarica e crudele Grande Guerra, che tocca Enzo, suo fratello e tutti i suoi amici. È una storia, di quando lui era un bambino, poi ragazzo e finisce quando lui aveva vent’anni»
Da emiliano, hai voluto raccontare uno dei personaggi più “Iconici” (anche se a Flavio Soriga che ha moderato l’evento, questa parola non piace) dell’Emilia-Romagna. Quindi, raccontando poi la Società di quel periodo storico, come hai sempre fatto nei tuoi libri, Jack Frusciante è un esempio?
«Quella di Enzo è una Società, in cui cambiano tante cose. In cui, per la prima volta, c’è una classe di lavoratori, di operai che, non sono più, il “Bracciante agricolo” dell’epoca. Gli operai lavorano, e sono fieri di quello che producono, e allo stesso tempo, sono fieri di far parte, di una classe, leggono, scrivono, mandano i figli a scuola, e tutto questo, si innesta sul Pensiero Socialista, che in Emilia-Romagna si diffonde su una classe nuova, che non si vuole far trattare dal principale, come se fosse il Padrone, perché loro, di padroni non ne vogliono più. Infatti, il padre di Enzo Ferrari che era un imprenditore illuminato, disse: “ragazzi voi non vi dovete far chiamare dagli operai, Padrone, ma al massimo, Titolare. E se volete conquistare la loro fiducia, dovete essere i primi ad entrare in Ditta e gli ultimi ad andare via”. Tutte cose queste, che poi sono rimaste, anche se con mille contraddizioni, però il pensiero comune è questo. E nella vita di Enzo Ferrari è sempre stato così, perché lui vacanze ne ha fatto poche ed è sempre stato un grande lavoratore. E come tutti noi, ha avuto luci e ombre, e come in pochi, che sono diventati dei miti in vita, la sua vita è stata raccontata sempre: depurata da certi aspetti. E per me da narratore, è stata una sfida interessante.
Daniele Cardia
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