Caldo killer, Lancet: “Europa responsabile del cambiamento climatico”

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(Adnkronos) – Le temperature in Europa si stanno riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, minacciando la salute delle popolazioni di tutto il continente e portando a inutili perdite di vite umane. A diramare l’allarme è il Lancet Countdown in Europe, istituito nel 2021, valuta le conseguenze sanitarie e occupazionali dei cambiamenti climatici per stimolare azioni politiche e sociali in direzione opposta.  Un nuovo rapporto ha evidenziato gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute umana, sul ritorno dei Paesi
europei e sulle opportunità mancate. Scopriamo insieme cos’è emerso. Secondo quanto è emerso dal report, si stima che i decessi legati al caldo siano aumentati in gran parte dell’Europa. L’aumento medio è di 17,2 decessi ogni 100mila abitanti tra il 2003-2012 e il 2013-2022. Le ore a rischio per l'attività fisica si sono diffuse oltre le parti più calde della giornata e in un futuro non molto lontano potrebbero “indurre le persone a ridurre la loro attività fisica complessiva e quindi ad aumentare il rischio di malattie non trasmissibili. L’esposizione al calore può minare ulteriormente la salute delle persone incidendo sui determinanti sociali ed economici della salute”, scrive il Lancet. La vulnerabilità al calore, infatti, è aumentata del 9% dagli anni ’90 ad oggi in Europa, con un aumento di circa il 4% (oggi pari al 41,2%). La più alta vulnerabilità è stata osservata nell’Europa occidentale. Tuttavia, l’aumento relativo più elevato della vulnerabilità (1990-2022) “è stato osservato nell’Asia
occidentale (11,6%) e nell’Europa
meridionale (11%), mentre il più basso nell’Europa
settentrionale e occidentale (entrambi intorno al 5%). Per quanto riguarda le ricadute che il caldo che avrà sul lavoro, ad esempio, il Lancet stima che l’offerta è già stata sostanzialmente inferiore nel periodo 2016-2020 rispetto al periodo di riferimento 1965-1994. L’Europa occidentale, meridionale e orientale ha registrato un aumento sostanziale delle condizioni di siccità estrema dal 2000-2009 al 2010-2019. Inoltre, nel 2021, il cambiamento climatico ha provocato quasi 12 milioni di persone in più colpite da insicurezza alimentare moderata o grave in Europa con ricadute sulle possibilità lavorative.  E per quanto riguarda gli aspetti sanitari la condizione non è differente. L’Europa meridionale tende a essere maggiormente colpita da malattie legate al caldo, incendi, insicurezza
alimentare, siccità e leishmaniosi, mentre l’Europa settentrionale è ugualmente o più colpita da Vibrio e zecche. All’interno dei paesi, le minoranze etniche e le popolazioni indigene, le comunità a basso reddito, i migranti e gli sfollati, le persone con minoranze sessuali e di genere e le donne in gravidanza e durante il parto tendono a essere le categorie più gravemente colpite dagli impatti sulla salute legati al clima. “Strategie di adattamento mal progettate, come soluzioni basate sulla natura o meccanismi per migliorare il comfort termico che non considerano adeguatamente l’equità, possono perpetuare le disuguaglianze ambientali e sanitarie – denuncia il Lancet -. Poiché non tutti gli indicatori possono incorporare analisi su diversi gruppi di popolazione, il nostro rapporto offre solo uno sguardo al quadro molto più ampio e sottolinea l’importanza di una ricerca più approfondita per approfondire gli impatti diseguali dei cambiamenti climatici sulla salute per informare le misure di protezione sanitaria per tutti. popolazioni. Nonostante il cambiamento climatico esacerba le disuguaglianze esistenti, gli indicatori sulla governance e sulla politica mostrano uno scarso coinvolgimento con gli aspetti di uguaglianza, equità o giustizia nella ricerca, nella politica e nei media su clima e salute. Inoltre, l’equità ambientale, compresa la gestione della distribuzione socio-spaziale sproporzionata dell’esposizione ai cambiamenti climatici e dei rischi per la salute, non è un obiettivo esplicito delle attuali politiche dell’Ue”. Sulle responsabilità dei Paesi e dei governi, i ricercatori sono estremamente critici. Se da un lato denunciano chi si è arricchito con le emissioni, dall’altro non possono fare a meno di sottolineare che “Il cambiamento climatico è un problema di giustizia sociale e ambientale. Nel 2021, le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili
fossili ammontavano a 5,4 tonnellate di Co2 pro capite in Europa, sei volte quella dell'Africa e quasi tre volte quella dell'America centrale e meridionale. Il ritmo con cui i paesi europei si stanno muovendo verso l’azzeramento delle emissioni nette rimane tristemente inadeguato, con l’attuale traiettoria dell’Europa coerente con il raggiungimento della neutralità del carbonio solo entro il 2100. È importante sottolineare che, con il consumo europeo di beni e servizi prodotti in altre parti del mondo, i paesi europei continuano a esercitare pressioni ambientali e i relativi impatti avversi sul clima e sulla salute in altre parti del mondo”.  Dal report è emerso, inoltre, che si stima che il settore sanitario abbia contribuito con 330 megatonnellate di emissioni di Co2 nel 2020. Inoltre, l’uso del carbone è aumentato fino al 13% dell’approvvigionamento energetico totale dell’Europa nel 2021 e 29 paesi su 53 forniscono ancora sussidi netti per i combustibili fossili.  L’assenza di un’azione coraggiosa, spiegano i ricercato, rischia di: “Mentre l’impegno scientifico e quello aziendale continuano a crescere – denunciano i ricercatori -, si sono registrati bassi livelli di impegno da parte dei media, politico e individuale rispetto al clima. Dato che il quadro sanitario potrebbe rafforzare il sostegno pubblico e politico all’azione per il clima e la necessità per le società europee di adattarsi agli impatti sulla salute dei cambiamenti climatici, promuovere la consapevolezza della salute climatica tra gli attori politici e le istituzioni è essenziale per stimolare ulteriormente l’azione. Per soddisfare le raccomandazioni dell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici sull’azzeramento delle emissioni nette entro il 2040, le emissioni dei sistemi energetici europei dovrebbero diminuire di tre volte rispetto al tasso attuale. “Riconoscendo gli impatti dei cambiamenti climatici all’interno e al di fuori dell’Europa e il ruolo dell’Europa nel creare la crisi climatica, l’Europa dovrebbe impegnarsi in una transizione ambientale giusta e sana, che includa l’assunzione di responsabilità globale e il sostegno alle comunità più colpite”, ha concluso il Lancet. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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