(Adnkronos) – Il direttore del Tetro di Novara parla dell’importanza dei privati per garantire visione e programmazione a lungo termine: “Diversificare l’offerta culturale stimola il pubblico e attira l’attenzione di chi vuole investire in cultura” Novara,08/07/2024. L’Italia e le sue imprese culturali. Questo il tema di un recente studio economico che mette a confronto le realtà del nostro Paese con il resto d’Europa. Il risultato? A voler utilizzare una metafora calcistica, si direbbe che in un ipotetico campionato le nostre squadre militano in serie A, ma lottano ogni anno per non retrocedere. Precariato, bassi fatturati, un’esistenza troppo spesso legata ai finanziamenti pubblici. Sono molti i fattori che relegano le imprese italiane in un limbo che impedisce il fiorire di eccellenze le quali, al momento, rappresentano soltanto preziose eccezioni. Eccezioni come il Teatro Coccia di Novara, che anno dopo anno si sta affermando come realtà florida non soltanto dal punto di vista dell’offerta culturale, ma anche sotto il profilo della solidità economica: «Abbiamo chiuso il bilancio 2023 in attivo – commenta il direttore Corinne Baroni – oltre ad aver appianato debiti pregressi per quasi 400mila euro. Oggi possiamo dire che il Coccia è un teatro che non produce debiti, ma non parlerei soltanto di numeri ed economie. Anche perché il tutto è conseguenza di scelte strategiche ben precise». Scelte partite dall’offerta culturale, studiata con un preciso intento: «Coinvolgere il territorio. Diversificare le stagioni proponendo anche spettacoli multidisciplinari ci ha permesso negli anni di abbassare l’età media del nostro pubblico e questo non è un elemento banale. Un giovane che viene a teatro è un giovane che consoliderà quest’abitudine nel tempo e continuerà a mantenere vivo il territorio, alimentando una pratica di cui tutti gli attori locali beneficeranno». Prospettiva condivisa da sempre più imprenditori, il cui contributo sta premiando la gestione virtuosa del Coccia. «Gli sponsor privati rappresentano per noi una risorsa fondamentale – conferma la Baroni – permettendoci di ridurre il peso dei finanziamenti pubblici, i quali sono certo una risorsa, ma non possono essere l’unica voce alla quale affidarsi, anzi, da questo punto di vista serve un cambio di paradigma in termini di visione, organizzazione e programmazione». Tre elementi che insieme hanno portato il Teatro Coccia ad avere una capacità di autofinanziamento del 48%. Una cifra altissima, se si pensa che ancora oggi i contributi pubblici rappresentano più del 60% dei ricavi complessivi. «L’autofinanziamento ci permette di fare programmi a lungo termine, alimentando progetti che, anche grazie alla loro unicità, attirano l’interesse di moltissimi attori». È il caso del Premio Cantelli, concorso internazionale per giovani direttori d’orchestra che ha visto nascere la figura dei “patron”, «veri e propri mecenati – spiega la Baroni – che vogliono sostenere un premio storico e che dà risonanza mondiale al Teatro e al nostro territorio». Ed è proprio l’internazionalizzazione l’ultimo punto sul quale riflette il direttore: «Come Teatro ci stiamo preparando a tournée internazionali. Questo per noi significherà diffondere non solo arte e cultura, ma anche le bellezze del nostro territorio. E lo faremo al fianco di realtà private che ci sostengono e ci sosterranno. Perché un cammino di crescita acquisisce valore se è condiviso, se porta con sé una visione non settoriale, ma complessiva, capace di unire arte e territorio, cultura ed economia, pubblico e privato».
Contatti: www.fondazioneteatrococcia.it
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