(Adnkronos) – Il caso Filippo Turetta, il giovane che ha ucciso la fidanzata Giulia Cecchettin, “è l’esempio di una sottovalutazione clinica di un problema: se fosse stato approcciato da un medico specialista si sarebbe potuta ridurre la rabbia, le ossessioni e il tormento di questo ragazzo. Poi una volta stabilizzato allora si poteva intervenire con la cura integrata con lo psicologo. Non dobbiamo perdere l’occasione per far sì che queste tragedie non si ripetano: il disagio mentale va sdoganato e va smantellata l’etichetta. Non basta andare dallo psicologo, Turetta ne ha cambiati diversi senza mai essere indirizzato da uno psichiatra. Questo non deve più accedere”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute è Rosario Sorrentino, neurologo, scrittore e divulgatore scientifico, che torna sull’omicidio di Giulia Cecchettini da parte del fidanzato Filippo Turetta che si è scoperto aveva raccontato a uno psicologo, da fine settembre, i problemi dovuti all’abbandono da parte della ragazza e delle difficoltà nel suo percorso universitario. “Mi sono più volte chiesto in questi giorni riflettendo sull’omicidio di Giulia Cecchettin, così come per altri casi, – aggiunge Sorrentino – come sarebbe andata se fin dall’inizio Filippo Turetta fosse andato subito da un medico, uno psichiatra ad esempio, e non da uno psicologo. Lo dico perché quello che è accaduto deve far riflettere tutti, non ci possiamo permettere di vedere che nella maggior parte di casi simili a questo ci si riduca alle sole sedute dello psicologo e non ad un medico specialista che sappia stabilizzare l’equilibrio biologico del cervello con una adeguata terapia farmacologica che non è l’ansiolitico dato dall’amico. Ci sono casi trascurati che posso esplodere in comportamenti imprevedibili – avverte – per queto ritengo che mandare un esercito di psicologi nelle scuole serve a poco o nulla se non si inizia invece a parlare ai ragazzi, alle famiglie e ai docenti di cervello dell’adolescente e di cosa accade a livello neurologico in quell’età straordinaria ma molto complessa. Dobbiamo fare capire che può verificarsi uno squilibrio chimico a livello cerebrale, l’aspetto criminologico e psichiatrico abitano nella stessa mente di una persone e possono, se non curati, dar luogo a cose impreviste. Non possiamo girarci dall’altra parte e non può bastare solo lo psicologo”. Infine Sorrentino se la prende anche con i talk televisivi e con i media, “dove c’è una irruzione di psicologi e sociologi, opinionisti che contribuiscono a dare una visione sbagliata e deformata della realtà. Il disagio mentale nel 2030 sarà uno dei problemi più diffusi nella società – conclude – Se non affrontiamo questa emergenza comunicando cosa avviene nel cervello di un ragazzo, considerando il cervello un organo a tutti gli effetti che può essere curato con una terapia, non riusciremo ad aiutare le nuove generazioni”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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