Gli elementi a tutela della salute del detenuto in Italia

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Le norme dell’ordinamento penitenziario e del regolamento esecutivo sono diverse e mirano a garantire che lo status di detenzione non violi eccessivamente il diritto fondamentale alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Queste disposizioni, nell’ottica generale di superare il modello precedente, attribuiscono al detenuto specifici diritti soggettivi riguardanti la salute, specialmente in materia di prevenzione sanitaria e assistenza medica. Oltre alla protezione ordinaria fornita dalla legge civile e penale, la particolare situazione giuridica del detenuto, derivante dalla privazione della libertà e dalle condizioni ambientali intrinsecamente svantaggiose, richiede una tutela rafforzata che consideri soprattutto la sua condizione di sottomissione all’amministrazione penitenziaria. Una delle principali innovazioni introdotte dalla Legge n. 354 del 1975 consisteva proprio nel riconoscere, partendo dalla constatazione della situazione di vulnerabilità del soggetto detenuto, il diritto fondamentale affinché questo soggetto potesse godere di posizioni giuridiche soggettive. Questo non solo mirava a riequilibrare la sua posizione, ma soprattutto a garantire, indipendentemente dallo status di detenzione, il rispetto di quel nucleo di diritti inviolabili che appartengono ad ogni essere umano. Nonostante il significativo cambiamento introdotto da questa nuova prospettiva nella concezione del trattamento penitenziario, il riconoscimento di posizioni giuridiche soggettive, sia in forma esplicita nell’articolo 4 dell’ordinamento penitenziario, sia implicitamente attraverso altre disposizioni che regolano vari aspetti della vita penitenziaria, è stato solo il primo passo in un lungo e complesso percorso verso la piena tutela dei diritti del detenuto.

Inizialmente, sono state espresse opinioni entusiaste riguardo alla creazione dello strumento del reclamo secondo l’ex articolo 35, che sembrava integrare il “sistema di garanzie per i detenuti e gli internati, garantendo il pieno rispetto dei loro diritti e interessi”. Tuttavia, presto è emerso che questo strumento presentava profonde limitazioni, portando alla conclusione che non fosse adeguato a contrastare le violazioni commesse dall’amministrazione penitenziaria nei confronti dei detenuti. La legge di riforma, quindi, non stabilendo alcuna regola riguardante le formalità, le modalità e i tempi per la decisione del Magistrato di Sorveglianza riguardo al reclamo generico, decisione che non è considerata di natura giurisdizionale, ha essenzialmente confermato la natura principalmente amministrativa dello strumento del reclamo. Questo strumento, caratterizzato da un’assoluta mancanza di formalità, non era adeguato a proteggere efficacemente i diritti del detenuto. Ciò ha portato direttamente alla constatazione che l’ordinamento penitenziario, definito da alcuni come la “carta dei diritti” dei detenuti, si sia rivelato più come un elenco di “diritti di carta”, ossia diritti riconosciuti solo sulla carta, ma di fatto soggetti alla discrezionalità e all’arbitrio dell’amministrazione penitenziaria. In questa situazione, il diritto alla salute del detenuto, insieme agli altri diritti ad esso riconosciuti, per molto tempo sono rimasti in uno stato di “limbo” caratterizzato da una tutela giurisdizionale inefficace. Di conseguenza, la garanzia di tali diritti è stata assicurata in misura maggiore o minore a seconda delle volontà e delle possibilità dell’amministrazione. Così, per un lungo periodo, la tutela giurisdizionale del diritto alla salute è stata essenzialmente inesistente. Da un lato, mancava un rimedio specifico per proteggere il diritto alla salute del detenuto, e dall’altro, non c’era un ricorso generale per tutelare le posizioni giuridiche soggettive. Inoltre, il legislatore della riforma non aveva previsto procedure particolarmente protettive neanche per i provvedimenti e gli atti relativi alla salute del detenuto, che al contrario erano caratterizzati da una totale informalità.

A partire dagli anni Novanta, si è osservata una crescente sensibilità nei confronti dei diritti dei detenuti, non solo da parte della dottrina, che da tempo era attenta a questa problematica, ma soprattutto dalle maggiori autorità giurisdizionali nazionali. Questo ha portato all’identificazione delle limitazioni dell’impianto della Legge n. 354 del 1975 e alla ricerca di possibili soluzioni capaci di garantire effettivamente il pieno godimento dei diritti inviolabili anche per i detenuti.

Per comprendere lo stato attuale della tutela offerta al diritto alla salute dei detenuti e individuare gli strumenti adottati, è necessario esaminare le tappe principali del percorso di giurisdizionalizzazione dei diritti del detenuto. Da un lato, data l’assenza di strumenti specifici per la tutela del diritto alla salute, analizzare l’evoluzione del reclamo generico previsto dall’articolo 35 dell’ordinamento penitenziario permetterà di comprendere la tutela garantita nel tempo ai diritti dei detenuti in generale, e quindi anche al diritto alla salute in particolare. Dall’altro lato, è importante considerare i punti fermi sviluppati in materia di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti dalla Corte costituzionale e dalla Suprema Corte. Questi possono fornire indicazioni cruciali per valutare la compatibilità degli strumenti individuati con i principi consolidati derivati dalla giurisprudenza.

​Guttae Legis

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