Lavoro, superbonus 120% per chi assume a tempo indeterminato

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(Adnkronos) – Arriva un superbonus più utile di quello edilizio, che ha prodotto più danni per i conti pubblici che benefici per l'economia. Sale del 20% il costo del lavoro ai fini della determinazione del reddito, che diventa il 30% nel caso delle categorie protette, per chi fa assunzioni a tempo indeterminato. Quella che si può definire un 'superbonus 120%' è una agevolazione fiscale che viene introdotta dal decreto appena emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che contiene le modalità di attuazione dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, ovvero la riforma dell'Irpef.  La maggiorazione del costo del lavoro, si legge nel decreto, "spetta per le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, con contratto in essere al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, se il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 è superiore al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente". In sostanza, deve salire anno su anno il numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato per far scattare la maggiorazione.  Il costo del personale da assumere ai fini del beneficio, si legge ancora nel testo, "è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20 per cento". Lo stesso costo "è incrementato di un ulteriore 10 per cento in relazione alle nuove assunzioni a tempo indeterminato di dipendenti ricompresi in ciascuna delle categorie meritevoli di maggiore tutela".  Si tratta di un passo nella giusta direzione, per quanto riguarda le misure che possono realmente stimolare la crescita dell'occupazione stabile, andando a 'correggere' un dato che continua a preoccupare, quello della 'qualità' della nuova occupazione. Un vantaggio fiscale concreto può essere uno stimolo a rinunciare almeno a una quota del lavoro precario. (Di Fabio Insenga) —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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