(Adnkronos) – “Purtroppo i successi delle tecniche fanno pensare che possano risolvere tutto, ma non è così. Abbiamo uno strumento molto potente, che è la crioconservazione degli ovociti per motivi oncologici e medici, ma anche sociologici”, il social freezing. “La possibilità però di avere figli con quegli ovociti è del 90%. Nel 2005 la media dell’età delle donne che facevano cicli di fecondazione assistita era 35 anni e il 20,7% aveva oltre 40 anni. Nel 2021, la media è salita a 36,8 anni e le donne over 40 sono il 34,4%. I dati si riferiscono a quelle che fanno cicli con i loro gameti, escludendo quindi l’ovodonazione”. Così Paola Anserini, presidente Sifes-Mr, Società italiana di fertilità sterilità e medicina della riproduzione, all’Adnkronos Salute oggi, a Parigi, dove una cinquantina di esperti europei si confronta al convegno ‘Tackling infertility’, organizzato dalla Federazione francese di studi sulla riproduzione (Ffer), con il supporto di Merck, per la realizzare di un Manifesto di raccomandazioni per i legislatori degli Stati Ue per affrontare l’inverno demografico del nostro Continente. “La Pma non è l’ultima spiaggia: se non si riesce ad avere figli, ci si deve rinvolgere allo specialista della fertilità”, avverte Anserini ricordando che attualmente i bimbi nati con la fecondazione medicalmente assistita sono intono al 4% del totale. Pensando poi a una roadmap ideale per invertire la tendenza della denatalità, per l’esperta è fondamentale “rendere i centri pubblici di procreazione mediamente assistita (Pma) in grado di competere con il livello dei privati perché la Pma è sostenuta, ma non troviamo biologi, medici disposti a lavorare in questi centri”. Riferendosi poi all’aumento delle donne over 40 che desiderano avere figli, l’esperta sostiene l’importanza di incrementare l’ovodonazione. Come è noto con l’avanzare dell’età anche gli ovociti invecchiano riducendo quindi la probabilità di portare a una gravidanza. Attualmente, in Italia “quasi il 100% degli ovociti viene importato da banche private estere – sottolinea Anserini – Questa è una realtà che segue criteri commerciali per la carenza di ovociti che è difficile da sostenere anche per il sistema pubblico. Per questo andrebbe incentivata l’autopreservazione degli ovociti nel pubblico non solo per questioni di salute – trattamenti oncologici, malattie neurodegenerative, menopausa precoce – ma anche nelle donne tra i 28 e 33 anni, chiaramente coinvolgendo giuristi e bioeticisti, ma credo sia una strada da percorrere, come una possibilità in più, ma anche in ottica di ovodonazione, nel caso in cui la donna non ne facesse uso”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Articoli correlati
Sanità, Fedriga: “Ia e tecnologia per diminuire differenze di accesso a prestazioni”
(Adnkronos) – L’intelligenza artificiale "credo che, per quanto riguarda i livelli di accesso alle prestazioni sanitarie, possa aiutare a diminuire le differenze" di accesso "perché, se noi mettiamo a disposizione la tecnologia, mettiamo a disposizione […]
Rapporto Dekra, per ridurre incidenti sulla strada importanti ‘spazi sicuri’
(Adnkronos) – Per ridurre il numero di vittime e feriti sulle strade non basta mantenere un comportamento responsabile tra tutti gli utenti ma è necessario progettare spazi stradali sicuri, sia nelle aree urbane sia nella […]
Maltempo, da Manageritalia Emilia-Romagna raccolta fondi per assistere popolazioni colpite
(Adnkronos) – Per favorire la ripartenza di cittadini, imprese e comuni danneggiati dal maltempo, Manageritalia Emilia-Romagna ha dato il via a 'Sos Emilia-Romagna 2024' una raccolta fondi presso i propri associati ma aperta anche a […]
Commenta per primo