(Adnkronos) – “La ricerca di OncoVoice è rivolta alla popolazione italiana che ha a che fare con il tumore della prostata: singoli pazienti ma anche familiari, caregiver e tutte quelle persone che sono coinvolte nel sostegno di un paziente affetto da tumore prostatico”. Così Luigi Formisano, professore associato di Oncologia medica all’Università degli Studi di Napoli Federico II. “Attraverso l’indagine sono stati raccolti 1.288 commenti, in particolare di uomini (84%) adulti (61%) e anziani (37%) – spiega Formisano – La maggior parte sono pazienti, ma troviamo anche i caregiver che ci raccontano la storia che hanno affrontato o che stanno affrontando durante il percorso terapeutico”. Il risultato “più importante emerso dalla ricerca – sottolinea l’oncologo – riguarda principalmente la sfera medica: la maggior parte delle persone si informa sulla malattia e la biologia del tumore della prostata. Tra le domande più ricorrenti c'è: perché si sviluppa il tumore della prostata? Ci sono poi i risvolti psicologici, dalla rabbia alla paura, alla tristezza che un paziente affronta durante il percorso di cura: molto spesso per il paziente è più facile confrontarsi dal punto di vista psicologico con una piattaforma online, che con il medico. Seguono – aggiunge Formisano – quegli argomenti poco affrontati durante un colloquio medico-paziente, come quelli legati alla sfera sessuale. Ci sono, poi, tanti pregiudizi culturali che il paziente non affronta durante la visita e poi ricerca online una soluzione. Queste piattaforme ci aiutano quindi a stringere ancora di più il rapporto medico-paziente e ad informare soprattutto il paziente di tutti quei pazienti in cui il paziente non trova risposta durante la normale visita". Sono molto importanti, inoltre, “le domande sui programmi di screening”, anche se non sono mancati “commenti sulla prevenzione vista solo come business”. Per l’esperto bisogna fare molto lavoro per abbattere i pregiudizi. “La donna va dal suo ginecologo per fare prevenzione, ha i suoi controlli annuali, l'uomo invece – osserva Formisano – è un po' più restio, non ha un urologo di riferimento. Generalmente va dallo specialista quando ha un problema, spesso vi arriva troppo tardi. Queste piattaforme, con Fad (Formazione a distanza, ndr) dedicate e un podcast devono cercare di cambiare l'atteggiamento culturale che l'uomo ha nei confronti dell'urologo. Bisogna fare in modo- conclude – che l’uomo si affidi ad un medico-urologo per fare prevenzione”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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