(Adnkronos) – Dal primo aprile addio allo smartworking per legge. Resta aperta invece la strada degli accordi individuali tra azienda e lavoratori. “Io credo che non si deve generalizzare sull’uso dello smartworking, ci saranno persone che dall’1 aprile subiranno questa decisione e altri invece che vivranno meglio il ritorno totale in presenza. Il tema dello smartworking, però, non deve essere liquidato come un tema di emergenza, ma dovrebbe far parte di una riorganizzazione complessiva in cui si tiene conto delle esigenze del lavoratore e del datore. Deve essere una delle opzioni, concordata e programmata. Diciamo che l’optimum è una forma mista, in presenza e in remoto”. Così David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell”Ordine degli psicologi (Cnop), fa il punto per l’Adnkronos Salute sugli effetti che lo stop allo smartworking per legge potrebbe avere dopo il primo aprile nelle realtà in cui ancora non ci sono accordi aziendali sul tema. “Rispetto a quello che noi abbiamo potuto osservare – prosegue Lazzari – mantenere un certo livello di presenza all’interno dei contesti lavorativi è un fatto importante. Ma non c’è una risposta netta alla domanda ‘meglio smartworking o tutti in ufficio?’, non è un sì o no. Mentre si deve tener conto che oggi il lavoro da remoto deve essere una opzione offerta al lavoratore. Si può pensare magari – suggerisce – a metà giorni in presenza e l’altra meta a casa. Abbiamo bisogno flessibilità per le esigenze psicologiche del lavoratore, ma al contempo anche nel rispetto delle scelte delle aziende”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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