(Adnkronos) – Il 49,4% dei giovani italiani tra i 18 e i 25 anni ha affermato di avere sofferto di ansia e depressione a causa dell'emergenza sanitaria. Per la stessa ragione, il 62,1% ha cambiato la propria visione del futuro. Sono solo alcuni dei dati emersi dal rapporto 'Generazione Post Pandemia: bisogni e aspettative dei giovani italiani nel post Covid 19', elaborato in collaborazione con Censis, Consiglio nazionale dei giovani e Agenzia nazionale dei giovani a giugno 2022. Per far comprendere quanto sia importante ascoltare i ragazzi e intervenire per intercettare il disagio prima che diventi un disturbo è nato il progetto scuole 'Mi vedete?', che all'interno degli istituti scolastici ha coinvolto attivamente studenti, insegnanti, famiglie, esperti e figure professionali del territorio. Attraverso 6 giornate di awareness, 96 conversazioni antropologiche e 6 workshop – riferisce una nota – sono stati raccolti "importanti dati quali e quantitativi" presentati oggi a Roma, durante una conferenza stampa preceduta da un incontro a porte chiuse con le istituzioni per promuovere un dibattito sul progetto perché possa essere replicato in altre scuole, e sulle attività di prevenzione da intraprendere negli istituti. L'iniziativa, realizzata grazie alla collaborazione tra Lundbeck Italia, affiliata italiana del gruppo danese dedicato alle neuroscienze presente nel nostro Paese da trent'anni, e l'azienda di consulenza Your Business Partner, vuole rappresentare un punto di partenza per disegnare un modello di ascolto e di lettura dei disagi adolescenziali al fine di dare risposte appropriate e tempestive, con il supporto di figure professionali adeguate e l'attivazione di una risposta sistemica all'interno del territorio. "Nel mondo sono quasi 1 miliardo le persone che soffrono di disturbi mentali di cui il 14% sono adolescenti, come riportato dall'Oms. Secondo lo State of Children nell'Ue del 2024, si stima inoltre che tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni circa l'8% soffra di ansia e il 4% di depressione e nel 2020; circa 931 giovani in Europa sono morti all'anno per suicidio, equivalenti alla perdita di circa 18 vite a settimana – sottolinea Sergio De Filippis, docente di Psichiatria delle dipendenze all'Università di Roma La Sapienza, direttore sanitario Villa von Siebenthal e consulente scientifico del progetto Mi vedete? – Per valutare la portata di questo rischio è stato necessario entrare nelle scuole e far parlare ragazzi, genitori e docenti". Così "abbiamo scoperto che, nel campione selezionato, il 71% degli studenti intervistati dice di provare un disagio – evidenzia De Filippis – mentre, tra i genitori, solo il 31% si accorge dei problemi del proprio figlio. Il 100% dei docenti denuncia questa situazione tra gli studenti, addirittura più di quanto non raccontino loro stessi. Il 27,6% degli studenti incolpa la sfera familiare, ma quasi a pari merito con la scuola. Peri genitori, invece, la causa è da attribuire principalmente all'ambiente scolastico (39%). I docenti dicono che è dovuta nel 37% alla sfera familiare e poco (12%) alla scuola. Notiamo che ogni adulto incolpa l'altro di ciò che avviene. Ognuno di loro deve avere la forza di educare l'adolescente ed è qui che le istituzioni devono dare una mano". Nella ricerca svolta sono stati presi in esame anche alcuni tra le situazioni e disturbi più comuni tra i giovani, cioè l'uso di sostanze, i disturbi alimentari e del sonno e il bullismo. Il 54% degli studenti – indica il report – ha raccontato che loro, o i loro compagni, hanno fatto uso di sostanze, il 15% dei genitori ne ha riportato l'uso da parte dei propri figli o dei compagni di quest'ultimi, mentre il 48% ne teme l'uso da parte dei figli. Dal punto di vista dei docenti, il dato sale al 19%. Per quanto riguarda i disturbi alimentari – evidenzia la ricerca – il 38% dei ragazzi racconta di averne o averne avuti, il 13% dei genitori è consapevole di un disturbo alimentare dei figli, il 33% dei docenti riporta problemi di questo genere tra i propri allievi. I disturbi del sonno sono diffusi tra il 63% degli studenti (circa un terzo ammette di faticare ad addormentarsi a causa di ansie e preoccupazioni), ma solo il 19% delle famiglie e l'8% degli insegnanti ne è consapevole. Il 38% dei ragazzi ha riportato esperienze di bullismo subite personalmente o dai compagni (8 su 18 ne hanno avuto esperienza alle scuole medie). Di questo problema è consapevole il 17% dei genitori, ma solo il 4% dei docenti. Emerge quindi chiaramente una diversa percezione della realtà. "Durante la pandemia tutti gli italiani hanno dichiarato di avere avuto problemi psicologici, ma sui giovani l'impatto è stato maggiore: i nostri dati mostrano che negli adulti dai 37 ai 64 anni e negli anziani i numeri di chi ha sofferto di disturbi psicologici sono molto più bassi, in media poco più di 1 su 5, mentre per i ragazzi si sale al 44,6% degli under 37 e addirittura al 49,4% dei giovani tra i 18 e i 25 anni – commenta Ketty Vaccaro, responsabile Salute e Welfare Censis – E' un aspetto importante che segnala un'altra epidemia di cui hanno sofferto i più giovani. Come Censis, abbiamo realizzato anche uno studio sull'impatto generale della pandemia sulle vulnerabilità e abbiamo registrato come siano incrementate tutte. Ci sono due elementi che hanno contribuito in misura particolare a questo spaesamento: innanzitutto la vulnerabilità di base dell'adolescente, che vive un passaggio esistenziale delicato in cui si costruiscono identità e idea di futuro, e poi la costrizione a vivere senza il supporto del gruppo dei pari, rimanendo isolati". "Con l'istituzione dell'Osservatorio Welfare, il Cng ha dato il via a una sfida – dichiara Francesco Marchionni, consigliere di Presidenza Consiglio nazionale giovani, con deleghe a Salute e Benessere – Lavorare sul benessere delle giovani generazioni è necessario per coltivare lo sviluppo nel nostro Paese. In questo percorso abbiamo constatato come ci sia una forte richiesta dei ragazzi verso un mondo che sia socialmente più sostenibile e più inclusivo. L'importanza del benessere, raggiunto attraverso i luoghi e gli spazi in cui il giovane vive, dimostra come il disagio provenga anche da quel senso di abbandono e inadeguatezza dei luoghi tipici di alcuni contesti sociali". "La prevenzione nelle scuole è un elemento centrale per sviluppare una cultura sulla salute mentale, ancora oggi scarsamente diffusa – fa notare Alberto Siracusano, professore ordinario di Psichiatria Università di Roma Policlinico Tor Vergata e coordinatore del Tavolo tecnico Salute mentale del ministero della Salute – Il compito di chi opera nel settore è fornire ai ragazzi tutto ciò che li può aiutare a sviluppare un benessere della mente e a favorire un equilibrio delle relazioni sociali, familiari e formative". "Tra gli obiettivi del Tavolo tecnico sulla Salute mentale vi sono progetti che riguardano la salute mentale perinatale delle donne e il riconoscimento precoce della depressione in gravidanza. Intervenire rapidamente – avverte Siracusano – prima che questa malattia diventi un elemento strutturato nella vita delle mamme, è per noi un obiettivo primario. Il tavolo sta inoltre progettando, insieme all'Istituto superiore di sanità delle linee guida sui disturbi affettivi e dell'età evolutiva. Uno dei progetti del ministero riguarda la promozione di un nuovo piano d'azione nazionale per la salute mentale, proprio con grande attenzione all'età evolutiva e alla transizione all'età adulta". Questo progetto "nasce da un attento ascolto dei bisogni dei più giovani che rappresentano il futuro della nostra società – conclude Tiziana Mele, amministratore delegato Lundbeck Italia – Attraverso questa iniziativa abbiamo avuto modo di mettere in luce le necessità degli studenti e di raccogliere dati quali-quantitativi indicativi dei disagi che vivono quotidianamente. Il progetto scuola Mi vedete?, che nasce dal nostro cortometraggio sulla depressione negli adolescenti, realizzato insieme a Giffoni Innovation Hub, è quindi un punto di partenza per disegnare un modello di ascolto e lettura dei disagi sia dei ragazzi che delle loro famiglie, che permetta di dare risposte tempestive con il coinvolgimento di figure professionali adeguate. Questa mattina abbiamo incontrato i rappresentanti delle istituzioni con lo specifico obiettivo di presentare e discutere con loro questo progetto, realizzato con una precisa metodologia scientifica, perché possano valutarlo ed eventualmente estenderlo ad altri istituti d'Italia e permettere così che sempre più giovani possano beneficiarne. Ascoltare, comprendere e agire sono gli elementi fondamentali per evitare che il disagio giovanile diventi un disturbo. Riteniamo sia un compito importante di cui noi, come Lundbeck, abbiamo scritto un primo capitolo: siamo però consapevoli che è necessaria un'azione congiunta per avere un impatto sul sistema”. La ricerca nazionale si è svolta in 3 scuole superiori di secondo grado rappresentative del sistema scolastico (Istituto di Istruzione Superiore (Iis) 'Leonardo da Vinci' di Carate Brianza, Liceo Classico e Scienze Umane 'Benedetto da Norcia' di Roma e Liceo Scientifico e Linguistico 'Giulio Cesare Vanini' di Casarano), coinvolgendo oltre 1.800 persone di cui più di 1.700 studenti. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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