(Adnkronos) – “Ci vogliono anni per una diagnosi di asma grave e altrettanti per una terapia. Le nuove terapie servono anche a quelle persone che hanno già una diagnosi corretta, ma che purtroppo non hanno il farmaco giusto. Per mio figlio, che ha avuto il primo episodio a 4 mesi, ci sono voluti 9 anni per una diagnosi e 5 per una terapia adeguata. Ma ci sono anche pazienti come Chiara che hanno a ricevuto a 40 anni la diagnosi di asma grave e, nonostante la diagnosi corretta, da dieci anni sta cercando la terapia adeguata, nonostante fosse stata candidata a più di un biologico. L’ho sentita la settimana scorsa e, finalmente, dice che con questo farmaco le sembra di essere tornata a vivere”. Così Simona Barbaglia, presidente associazione nazionale pazienti Respiriamo insieme Aps, nel corso di un evento promosso da AstraZeneca, oggi a Milano, commenta la notizia del via libera di Aifa al rimborso di tezepelumab, il primo anticorpo monoclonale anti-Tslp (linfopoietina timica stromale, una citochina a monte della cascata infiammatoria dell’endotelio bronchiale) per il trattamento dell’asma grave. La malattia è sottostimata. “Come associazione – continua Barbaglia – dall’inizio di febbraio, abbiamo lanciato una survey, sulla nostra popolazione asmatica, sull’utilizzo e su chi prescrive i corticosteroidi orali. Ad oggi ci hanno risposto 708 persone di cui 312 si definiscono solo asmatici e non asmatici gravi. Andando ad analizzare poi i dati, è però emerso che soltanto il 3%, quindi 9 persone, non assume corticosteroide, mentre invece il 59%, quindi 185 persone, lo assume almeno una volta l’anno, per bocca, su prescrizione del medico, ma anche 2 o 3 volte l’anno, senza prescrizione di nessun medico. Siamo sicuri che i ‘solo asmatici’ in realtà non siano asmatici gravi? Siamo sicuri che queste 185 persone siano state avviate alla corretta terapia, anche inalatoria? Forse non la stanno facendo bene. Ma la domanda vera è: quanti di questi ancora non sono stati diagnosticati e, per sopravvivere al sintomo, cercano in qualche modo una risposta che ancora non è stata data?”, chiede la rappresentante di caregiver e dei pazienti con asma. “Proprio per garantire percorsi di diagnosi e di cura corretti ma anche i diritti sociali di tutela lavorativa, scolastica – aggiunge Barbaglia – come associazione dal 2018 ci battiamo perché l’asma grave ottenga una sua dignità specifica, con un codice di esenzione specifico inserito nel Piano nazionale delle cronicità, con all’interno dei Lea”, i livelli essenziali di assistenza, “prestazioni garantite o comunque con un codice sia per garantire la diagnosi, ma anche la presa in carico corretta e le terapie corrette. Già nella precedente legislatura avevamo presentato un disegno di legge per far riconoscere l’asma grave come una patologia invalidante. Il 30 gennaio – conclude – siamo riusciti finalmente a ripresentarlo. Auspichiamo che questa volta l’iter si concluda e che finalmente si garantiscano i diritti di cura e sociali a queste persone”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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