(Adnkronos) – Da quando la transizione energetica è diventata una priorità delle politiche occidentali, gli scettici hanno mostrato preoccupazione per il ruolo della Cina, molto avanti nel settore della produzione di batterie e auto elettriche. Ora, però, il sorpasso del Dragone potrebbe arrivare anche sotto un altro profilo: quello del riciclo delle batterie per veicoli elettrici, da sempre un nervo scoperto della transizione. Quanto riporta Bloomberg citando un rapporto di Circular Energy Storage, spaventa anche chi, in Usa e in Ue, è favorevole all’elettrico. Infatti, secondo le previsioni di Circular Energy Storage, la Cina avrà quasi quattro volte più batterie da riciclare entro il 2030 rispetto al 2021.
Una progressione che accentrerebbe nel paese di Xi Jinping la filiera delle auto elettriche, dalla produzione dei veicoli e delle batterie, allo smaltimento delle stesse, chiudendo un cerchio sempre più spostato verso Oriente. Parlando dell’industria cinese del riciclo delle batterie, Bloomberg descrive un’atmosfera “un po’ selvaggia”, dove alcuni individui pubblicano annunci sui social media per trovare batterie riciclabili come parte, sostiene la rivista finanziaria, di un vasto mercato grigio. Mentre in Occidente è ancora acceso il dibattito sull’elettrico, e il settore delle auto elettriche è crollato pesantemente a dicembre, trascinato dal collasso tedesco, il Drago asiatico ha già raggiunto elevati standard nazionali per lo smontaggio delle celle delle batterie e il trasporto dei componenti delle batterie. Di particolare rilievo la regola secondo cui le batterie devono essere trasportate in camion dotati di allarmi antincendio e spedite in contenitori ignifughi e resistenti al calore. Tuttavia, le linee guida e i regolamenti emessi da Pechino sono difficili da far rispettare e spesso vengono aggirati perché aumentano il costo dei materiali riciclati. Dunque, anche in Cina le regole stanno trovando delle resistenze nei fatti, seppure più nascoste e meno urlate di quelle occidentali per i noti limiti alla libertà presenti nel paese. Le regole di riciclo delle batterie elettriche in Cina sono state stabilite dal governo cinese nel 2018, per affrontare il problema delle batterie esauste dei veicoli elettrici. Secondo le regole di Pechino, le batterie riciclate devono restituire il 98% del contenuto originale di cobalto e nichel e l’85% di litio. Una misura che trova una matrice economica prima che ambientale dato che la Cina importa
più del 90% del suo cobalto e nichel e più della metà del suo litio. Altre regole predisposte dal governo sono: – i produttori di batterie devono fornire informazioni tecniche sullo smontaggio e il riciclo dei loro prodotti, e offrire formazione ai costruttori di automobili; – i costruttori di automobili devono essere responsabili della costruzione di una rete di riciclo delle batterie, e utilizzare i servizi post-vendita per recuperare le batterie; – le batterie devono essere trasportate in camion dotati di allarmi antincendio e spedite in contenitori ignifughi e resistenti al calore. Pechino incoraggia inoltre la cooperazione tra i produttori di batterie e le case automobilistiche, e la partecipazione dei capitali sociali. Mentre in Occidente si sta provando a sostenere l’elettrico con incentivi e normative che ne agevolano l’acquisto, la Cina ha optato per una strategia più di ampio respiro, che, prima di arrivare al riciclo, parte dall’approvvigionamento di materie prime. Per questo motivo, il paese di Xi Jinping ha investito molto in Africa, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, che
detiene il 60% delle riserve mondiali di cobalto, e in altri paesi ricchi di litio, grafite e terre rare. Alcuni osservatori hanno definito questa strategia come una forma di “colonizzazione economica”, in quanto la Cina esercita una forte influenza politica e finanziaria sui paesi africani, spesso a scapito dei diritti umani, dell’ambiente e della sovranità nazionale, ma è indubbio che non si tratti di un unicum a livello globale. Anche la transizione finisce per diventare strumento geopolitico, con l’asse Cina-Russia quanto mai attivo nel settore dell’automotive. Infatti, la produzione automobilistica cinese ha stabilito un record nel 2023, soprattutto grazie all’aumento delle esportazioni di veicoli elettrici e alle spedizioni in Russia che hanno colmato il vuoto creato dall’uscita dei produttori occidentali. Lo scorso anno le case automobilistiche cinesi hanno prodotto 30,16 milioni di veicoli contro i 27,02 milioni del 2022, secondo i dati della China Association of Automobile Manufacturers (Caam), superando i record del 2017. A trainare il Dragone sono state soprattutto le esportazioni che sono aumentate addirittura del 58%, raggiungendo i 5 milioni di autovetture esportate. Numeri che hanno sancito il sorpasso sul Giappone, storico leader di settore, fermo a 4,3 milioni di auto esportate nel corso del 2023. Un sorpasso che, come si è visto, parte da lontano e può travolgere il mercato: “Stiamo parlando dell’alba di un nuovo dominio”, afferma senza fronzoli Bruno Mafrici, senior advisor di Milano esperto in mercati internazionali e innovazione aziendale che spiega: “Non è un caso che la Cina stia avanzando nel settore delle auto elettriche. Gli investimenti strategici in ricerca e sviluppo, cominciati con parecchi anni di anticipo rispetto alle case europee, uniti a una pianificazione governativa lungimirante, hanno permesso alla Cina di ottenere un vantaggio competitivo. Questo – continua – si riflette nella loro predominanza nel settore delle batterie, un componente cruciale per il successo delle auto elettriche”. In Italia, il fenomeno delle auto elettriche cinesi è particolarmente evidente. Le importazioni di auto dalla Cina hanno registrato un aumento di quasi quattro volte nel 2023 rispetto al 2022. Se la Cina dovesse conquistare la leadership anche nel riciclo delle batterie, il mercato occidentale ne risentirebbe pesantemente, diventando co-protagonista praticamente lungo tutta la catena delle auto elettriche. Come è noto, l’Ue ha deciso lo stop all’immatricolazione di auto a motore termico a partire dal 2035. La sfida è organizzare il settore in modo da arrivare preparati all’appuntamento. Occorrerà, però, che tutte le parti sociali (istituzioni, aziende e consumatori) remino nella stessa direzione, accettando l’ineluttabilità del cambiamento. Solo a quel punto, il modello cinese potrà rappresentare un valido esempio. Sempre se non sarà troppo tardi. —sostenibilita/mobilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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