(Adnkronos) – La testata statunitense The Washington Post ha deciso di non pubblicare un endorsement per Kamala Harris alla presidenza USA, su decisione diretta del proprietario Jeff Bezos, fondatore di Amazon. Invece, il giornale ha rilasciato un editoriale a firma dell’attuale direttore Will Lewis, già figura di spicco nell’impero mediatico di Rupert Murdoch, dichiarando che la testata non avrebbe sostenuto nessun candidato in questa elezione. Questa decisione arriva solo poche settimane prima di un’elezione ritenuta cruciale e segue la recente rinuncia da parte del Los Angeles Times di sostenere pubblicamente Kamala Harris. Anche in quel caso, è stato il proprietario del giornale, Patrick Soon-Shiong, a intervenire personalmente per bloccare l’endorsement, il che ha portato alle dimissioni del responsabile della pagina degli editoriali. La questione si è intensificata rapidamente, con numerosi lettori che hanno deciso di cancellare il proprio abbonamento al Washington Post in segno di protesta contro quella che molti considerano una violazione dell’indipendenza giornalistica. Nell’editoriale, Lewis ha giustificato la scelta facendo riferimento alla storica decisione del Washington Post di non schierarsi tra John F. Kennedy e Richard Nixon nelle elezioni del 1960, menzionando i principi di integrità e rispetto della legge che la testata si impegna a mantenere. Tuttavia, per molti osservatori, la dichiarazione suona più come una giustificazione che un impegno. Alcuni hanno visto nelle parole di Lewis una mossa ambigua, una scelta che molti considerano una “resa” davanti agli interessi di Bezos, il cui impero commerciale comprende contratti significativi con il governo americano, come l’accordo Amazon con la NSA e Blue Origin con la NASA per la costruzione di un lander lunare. Secondo The Columbia Journalism Review, l’endorsement pro-Harris era già stato scritto da due membri della redazione, Charles Lane e Stephen W. Stromberg, con l’approvazione iniziale del direttore della pagina editoriale David Shipley, che però avrebbe successivamente annullato l’endorsment citando una revisione da parte di Bezos. La decisione ha portato a reazioni forti all’interno della redazione e tra i commentatori, con il sindacato dei lavoratori del Post che si è detto “profondamente preoccupato” per un’interferenza percepita come un’intrusione della proprietà nel lavoro giornalistico. L’ex direttore esecutivo del Washington Post, Marty Baron, ha definito la mossa “una codardia”, osservando come l’episodio rappresenti un “momento di oscurità che potrebbe influenzare la democrazia”. —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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