(Adnkronos) – La revoca da parte della Commissione europea, su indicazione dell'Ema, di una terapia come l'acido obeticolico per i pazienti con colangite biliare primitiva "semplicemente in base al dato di un trial" inficiato da problemi statistici "mostra la reale problematica sul percorso regolatorio dei farmaci per questa" e, in generale, per tutte "le malattie rare su cui si rischia di fare lo stesso errore". L'autorizzazione all'impiego "di un farmaco per malattia rara deve avere un altro percorso", tenendo conto "dei dati real world". Lo ha detto Vincenza Calvaruso, segretario nazionale Aisf, Associazione italiana per lo studio del fegato, questa mattina partecipando a un incontro con la stampa organizzato da Omar, Osservatorio malattie rare, in collaborazione con Amaf Aps Ets – Associazione malattie autoimmuni del fegato e Associazione EpaC Ets e con il contributo non condizionante di Advanz Pharma, a ridosso della Giornata mondiale di sensibilizzazione Cbp, che si è celebrata l'8 settembre. Nelle malattie rare "è difficile fare trial simili a quelli per le patologie ad alta prevalenza – continua Calvaruso – Non possiamo chiedere esattamente lo stesso percorso e gli stessi tempi. Il percorso" regolatorio "di un farmaco per patologia rara deve tenere conto di altre informazioni perché è difficile fare gli arruolamenti a lungo termine nei trial registrativi ed è difficile ipotizzare dei trial estremamente lunghi di 5-6 anni come, in questo caso, per il Cobalt. L'arrivo sul mercato di un farmaco che ha già superato la fase registrativa – come l'acido obeticolico nello studio Cobalt – porta il clinico e i pazienti a non poter accettare la possibilità di poter essere in un gruppo placebo: è difficile anche dal punto di vista etico". C'è poi da considerare che anche "l'arruolamento, in caso di malattie rare, è complesso proprio per la numerosità dei pazienti, che non è molto elevata". E' paradossale, rimarca l'esperta, "che un farmaco possa essere revocato in termini di commerciabilità sulla base di un trial, il Cobalt appunto, che ha avuto una serie di bias. E questo problema – precisa – si può manifestare anche per altre malattie rare, frenando la ricerca e l'investimento delle aziende. Per questo, in generale, nel protocollo per la registrazione di farmaci per malattie rare vanno inseriti i dati di real word. I dati di questi studi mostrano quello che il Cobalt non è riuscito a dimostrare. Sono dati clinici da considerare, soprattutto nella decisione della revoca un farmaco di seconda linea, specie in assenza di alternativa. Tutto va regolarizzato in maniera adeguata perché si rischia che i pazienti restino senza trattamento. Questo ha un impatto su tutte le malattie rare. Serve – conclude – una modifica a livello regolatorio". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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