(Adnkronos) – “I pacemaker senza fili si introducono direttamente nelle cavità cardiache senza la necessità di avere una ferita chirurgica, come accade quando si impianta un pacemaker convenzionale”, per il quale “il rischio infettivo va tra l’1% e il 5% di tutti gli impianti”. Il pacemaker senza fili “è un passo importante della tecnologia perché offre al paziente un margine di sicurezza decisamente più elevato”. Lo ha detto Claudio Tondo, direttore del Dipartimento di Aritmologia, Centro cardiologico Monzino Irccs Milano, partecipando all’evento organizzato oggi a Milano da Abbott con vari esperti e nel corso del quale l’azienda ha annunciato la disponibilità in Italia di Aveir* Dr, il primo sistema di pacemaker bicamerale senza fili al mondo per trattare le persone con un ritmo cardiaco anomalo o più lento del normale. Le aritmie cardiache sono in aumento. Tra queste la “bradicardia” che si caratterizza per “avere una frequenza cardiaca al di sotto dei 60 battiti al minuto – spiega il cardiologo – Nella popolazione generale vi sono alcuni soggetti la cui frequenza di base è al di sotto dei 60 battiti al minuto, perché geneticamente sono nati così. Questo non significa che siano pazienti da considerare cardiopatici – avverte – La bradicardia però può essere anche indotta da farmaci e quindi il paziente può avvertire stanchezza, scarsa concentrazione. Quindi in questi casi si parla evidentemente di una bradicardia sintomatica”. Ci sono poi “soggetti giovani che sono degli sportivi e lo sport, soprattutto di resistenza come la corsa, la marcia, il nuoto, il ciclismo, facilita la riduzione della frequenza cardiaca. Questi soggetti sono bradicardici, ma è un’espressione fisiologica del nostro apparato cardiovascolare”. Di particolare interesse sono le “bradicardie nelle decadi più avanzate – precisa Tondo – su soggetti anziani dove l’aumento dell’età comporta una degenerazione progressiva della cosiddetta ‘centralina’, da dove nasce il nostro impulso. In questi soggetti c’è una progressiva riduzione della frequenza cardiaca che può comportare, in certi casi, una riduzione marcata” del ritmo “e quindi determinare dei sintomi sino addirittura ad arrivare anche a sincopi o lipotimie, cioè il soggetto può perdere conoscenza proprio perché la frequenza è eccessivamente bassa”. Nel trattamento delle aritmie “i pacemaker senza fili non fanno altro che riprodurre esattamente la funzione del pacemaker convenzionale – conclude Tondo – Non c’è una differenza da un punto di vista della stimolazione, ma tutta una serie di vantaggi”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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