Caso Shabi

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Per i reati di istigazione a commettere più delitti in materia di terrorismo (ai sensi dell’art. 414 e 270 sexies c.p.) e apologia di delitti di terrorismo (ai sensi dell’art. 4

L. 146/2006). 

Nel periodo relativo al 2015, l’imputata ha pubblicamente istigato e fatto apologia di atti terroristici attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici, in particolare mediante il social network Facebook. Queste attività hanno incluso la condivisione di materiale propagandistico di gruppi islamici terroristici, come volantini, video, e immagini di guerriglieri e scene di guerra. L’imputata ha agito in modo coordinato con gruppi terroristici internazionali come “Ansar AL Sharia Libya” e “Libia Shield One”, sostenendo le attività militari e propagandistiche di WISSAM Ben Hamid. Queste azioni, finalizzate al terrorismo, miravano a minacciare e destabilizzare paesi sia mediorientali che europei, con l’intento di intimidire la popolazione e danneggiare le istituzioni politiche, costituzionali, economiche e sociali. Questi crimini hanno una natura transnazionale, associati a un gruppo criminale organizzato attivo in più di uno Stato, con atti commessi in Italia e all’estero, oltre che online. 

La sentenza di merito del G.i.p. ha condannato la dottoranda Shabbi per i reati di apologia e istigazione al terrorismo, basandosi su una serie di provvedimenti giurisdizionali di tipo cautelare che hanno preceduto la sentenza stessa: Ordinanze G.i.p. di non convalida del fermo e di obbligo di dimora: Inizialmente, il G.i.p. emise due ordinanze di non convalida del fermo e stabilì per la Shabbi un obbligo di dimora nel Comune di Palermo. Questa misura includeva il divieto di allontanamento senza autorizzazione dell’Autorità giudiziaria e l’obbligo di rimanere a casa dalle ore 20:00 alle ore 7:00. Ordinanza di commutazione in custodia in carcere: Successivamente, il Tribunale di Palermo, Sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei sequestri, riformò la decisione precedente e ordinò la custodia in carcere dell’indagata, sostituendo così l’obbligo di dimora con la detenzione in carcere. Conferma della pronuncia in Cassazione: Dopo che la difesa impugnò questa decisione, la Corte di cassazione confermò la sentenza emessa in sede di riesame, confermando quindi la custodia in carcere della Shabbi. Il giudice di Palermo di primo grado ha quindi riconosciuto che la Shabbi aveva commesso il reato di apologia e istigazione al terrorismo nel 2015, sia in Italia che all’estero, utilizzando il social network Facebook. Le sue azioni includono la condivisione di materiale propagandistico di gruppi terroristici islamici su profili personali e pagine di gruppi specifici su Facebook, nonché la creazione e il mantenimento di contatti con tali gruppi per ottenere e condividere questo materiale.

Per comprendere meglio la natura delle organizzazioni terroristiche “Ansar al-Sharia Libya” e “Libia Shield One” e il coinvolgimento della dottoranda Shabbi, è importante analizzare i seguenti punti: Ansar al-Sharia Libya: Questa organizzazione è stata attiva in Libia e era associata al movimento estremista islamico. Ansar al-Sharia è stata coinvolta in attività terroristiche e ha avuto legami con gruppi affiliati ad Al-Qaeda. Le loro azioni sono spesso caratterizzate da attacchi violenti contro obiettivi governativi, civili o di sicurezza, con l’obiettivo di destabilizzare l’ordine esistente e promuovere un’ideologia estremista. Libia Shield One: Si tratta di un’altra organizzazione militante attiva in Libia, associata a movimenti islamisti radicali. Libia Shield One è stata coinvolta in scontri armati e ha operato con l’obiettivo di promuovere un’agenda islamista estremista, spesso utilizzando tattiche violente e terroristiche per raggiungere i propri obiettivi. Collegamenti e adesione: La dottoranda Shabbi è stata accusata di avere collegamenti significativi con queste organizzazioni e i loro combattenti, compreso il capo di Libia Shield One, Wissam Bin Hamid. L’adesione o i collegamenti con organizzazioni note per praticare il terrorismo islamico radicale sollevano interrogativi sulla partecipazione della Shabbi a attività legate alla violenza e al terrorismo. Accettazione delle pratiche terroristiche: Il coinvolgimento o l’adesione a organizzazioni come Ansar al-Sharia e Libia Shield One può essere interpretato come una forma di accettazione delle pratiche violente e terroristiche associate a tali gruppi. Le attività propagandistiche e di sostegno svolte dalla Shabbi attraverso la condivisione di materiale di questi gruppi su Facebook possono indicare un sostegno ideologico alle loro azioni, compresi gli attacchi terroristici. In sintesi, il coinvolgimento della dottoranda Shabbi con organizzazioni come Ansar al-Sharia Libya e Libia Shield One solleva questioni riguardo alla sua adesione alle pratiche violente e terroristiche del radicalismo islamico, che sono centrali nell’accusa di apologia e istigazione al terrorismo. La valutazione di questi legami e delle implicazioni ideologiche è fondamentale per comprendere il ruolo e la responsabilità della Shabbi nelle attività terroristiche. Nella motivazione della sentenza, il Giudice ha svolto una vasta premessa in diritto per inquadrare correttamente le condotte della Shabbi, comprese le implicazioni storico-politiche della situazione libica post-“Primavera araba” del 2011. In seguito, il Giudice ha esaminato le prove raccolte durante le indagini, in particolare le informazioni e le intercettazioni acquisite dal nucleo operativo D.I.G.O.S. Il Giudice ha ritenuto che le condotte contestate alla Shabbi fossero riconducibili agli articoli 414 e 270-sexies del Codice penale italiano. Tuttavia, sembra che il Giudice non abbia preliminarmente valutato se potesse applicarsi come causa di giustificazione la libertà di espressione garantita dalla Costituzione italiana (articolo 21) e dal Codice penale (articolo 51). L’articolo 21 della Costituzione italiana sancisce il diritto alla libertà di pensiero, di parola e di stampa, inclusa la libertà di espressione. L’articolo 51 del Codice penale disciplina le circostanze attenuanti che possono essere riconosciute in caso di violazione di legge dovuta a una ragionevole interpretazione della legge stessa. Il Giudice avrebbe dovuto considerare se le azioni della Shabbi rientrassero effettivamente nell’ambito protetto della libertà di espressione e se vi fossero eventuali circostanze attenuanti da applicare alla sua condotta. Questo sarebbe stato importante per valutare in modo completo e bilanciato le accuse di apologia e istigazione al terrorismo. È possibile che il Giudice abbia omesso questa valutazione preliminare, concentrandosi invece sull’aspetto penale delle condotte contestate. Tuttavia, la questione della libertà di espressione e delle sue implicazioni nella valutazione delle azioni della Shabbi avrebbe dovuto essere considerata attentamente, al fine di garantire un processo equo e completo.

​Guttae Legis

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