Il fenomeno dell’abuso sui minori, che comprende violenza fisica, psicologica, abuso sessuale o negligenza nella cura, attualmente non trova risposte adeguate nella formulazione attuale del Codice Penale. Il quadro normativo vigente si basa su concezioni filosofiche obsolete, poiché le disposizioni relative ai reati non sono principalmente orientate a proteggere la persona e la personalità del minore, come sarebbe auspicabile in conformità con la Costituzione e gli accordi internazionali. Invece, tali disposizioni sono orientate a preservare concetti come la moralità pubblica e il buon costume, nel caso di violenza sessuale, oppure l’assistenza familiare, nel caso di maltrattamenti nell’ambito familiare. È necessaria una riformulazione del Codice Penale che ponga al centro la tutela effettiva del minore, garantendo un approccio più aderente ai principi costituzionali e agli standard internazionali. Tale revisione dovrebbe concentrarsi sulla promozione del benessere e della sicurezza del minore, piuttosto che privilegiare aspetti come la moralità pubblica o l’assistenza familiare in modo esclusivo.
Questo consentirebbe di affrontare in modo più efficace e adeguato le diverse forme di abuso sui minori, riflettendo una prospettiva più attenta alle esigenze e ai diritti fondamentali dei più vulnerabili nella società. L’attuale formulazione dell’articolo 571 del Codice penale, che recita “Chiunque abusa dei mezzi di correzione…”, effettivamente consente l’utilizzo di mezzi correttivi e, di conseguenza, di comportamenti violenti all’interno del nucleo familiare, qualora siano giustificati da esigenze disciplinari o correttive. In base al concetto di patria potestà, i genitori e tutti coloro che sono legittimati dalla legge possono esercitare il diritto correttivo noto come “jus corrigendi”. La violenza fisica o psicologica perpetrata nei confronti dei minori, sia all’interno che all’esterno della famiglia, è sanzionata in base all’articolo 571 del Codice Penale. In conformità con tale disposizione, le pene sono meno severe se l’autore del reato dimostra di aver utilizzato la violenza con l’intento di correggere o educare il minore. In assenza dell’articolo 571 del Codice Penale, si sarebbero applicati gli articoli corrispondenti a reati quali percosse, lesioni personali, ingiurie e omicidio, con pene decisamente più gravi. Questi articoli prevedono anche l’aggiunta di circostanze aggravanti, come l’aver agito per motivi abietti o futili, con crudeltà o sevizia nei confronti di persone incapaci di difendersi.
Perché il reato venga configurato, è necessario che si verifichi un pericolo probabile di malattia nel corpo e/o nella mente. Tuttavia, questa condizione potrebbe consentire l’uso di mezzi correttivi e, paradossalmente, persino l’abuso nel caso in cui tale pericolo non sia presente. Allo stesso tempo, anche una violenza minima che non comporti un pericolo di malattia fisica o mentale può arrecare un significativo danno al processo di maturazione equilibrata del minore. La presenza dell’articolo 571 altera la logica e compromette l’equità del sistema penale, dove le normali disposizioni relative ai reati perpetrati con violenza fisica o morale contro la persona, insieme al reato di maltrattamento in famiglia o verso i minori, rappresentano strumenti adeguati e sufficienti. Sul tema della violenza sessuale sui minori, la giurisprudenza ha una storia relativamente recente. Infatti, solo il 15 febbraio 1996, è stata introdotta in Italia una nuova legge sulla violenza sessuale.
Questa legge ha sancito che il reato di violenza sessuale è da considerarsi un crimine contro la persona, diversamente da quanto affermato in precedenza dal codice Rocco, che lo considerava un reato contro la moralità pubblica. Questa modifica ha abolito la distinzione tra congiunzione carnale e atti di libidine. La violenza sessuale è considerata tale anche quando coinvolge atti sessuali non completi, perpetrati mediante violenza, aggressività, minaccia o sfruttando l’autorità, anche in situazioni in cui quest’ultima venga utilizzata in modo apparentemente meno esplicito. Le disposizioni della Legge n°66 mirano a proteggere ogni individuo indipendentemente dal sesso e dall’età, prevenendo intrusioni illecite nella propria sfera di libertà. Un focus particolare è rivolto ai minori, dato la loro incapacità di fornire un consenso libero e consapevole. Ciò è essenziale per garantire una tutela efficiente della privacy durante il corso del processo.
Un altro significativo progresso è rappresentato dalla Legge n°269 del 3 agosto 1998, la quale introduce “norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno dei minori, considerate come nuove forme di riduzione in schiavitù”. Questa legislazione segna un passo avanti importante, riconoscendo finalmente la gravità della situazione, i cui contorni risultano difficili da definire a causa della sua vastità.
Guttae Legis
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