La legge n. 66/96 rimedio per la violenza sessuale

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La legge n. 66/96 ha introdotto un’importante innovazione nella legislazione sui reati di violenza sessuale, effettuando una significativa riforma del codice Rocco. Un punto fondamentale di questa riforma è stato il trasferimento delle disposizioni relative ai reati sessuali dal capitolo concernente i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume a quello dei delitti contro la libertà personale. Questa modifica sottolinea chiaramente che le disposizioni introdotte mirano principalmente a garantire la protezione del diritto di autodeterminazione individuale nell’ambito dell’attività sessuale. In altre parole, la riforma ha enfatizzato il focus sulla tutela della libertà personale e della capacità di autodeterminazione dell’individuo nelle questioni legate all’ambito sessuale. La legge n. 66/96 rappresenta non solo un riconoscimento della rivendicazione del movimento delle donne, che ha chiesto di considerare la violenza sessuale come un reato contro la persona, ma costituisce anche un significativo atto di adeguamento della legislazione italiana agli standard stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. In particolare, si allinea agli articoli 19 e 39 della Convenzione, che trattano delle misure e delle azioni necessarie per garantire la tutela dei minori da qualsiasi forma di abuso. L’inserimento di un richiamo specifico e esplicito alla tutela dei bambini nel codice penale italiano è stato sollecitato anche dal Comitato ONU sui diritti del fanciullo. Questo Comitato, dopo la valutazione del primo rapporto italiano sulle misure adottate per attuare la Convenzione sui diritti del fanciullo nel 1994, ha formulato osservazioni e raccomandazioni nei confronti del governo italiano. In particolare, ha sollevato un forte appunto per l’assenza di adeguate disposizioni nel codice penale per la protezione dei minori da abusi fisici, sessuali e violenze all’interno della famiglia. Ha evidenziato la mancanza di adeguate misure per ascoltare i bambini, così come la scarsità di risorse e servizi idonei per il recupero psico-fisico dei minori, vittime di abusi. L’articolo enfatizza l’importanza di attuare interventi polisettoriali per garantire un’efficace protezione del minore. Questo perché il maltrattamento, lo sfruttamento e l’abuso sessuale sono fenomeni complessi che richiedono un approccio multidisciplinare da parte di tutti gli operatori e settori coinvolti nelle cinque funzioni fondamentali di tutela: prevenzione, individuazione, diagnosi, protezione e cura/trattamento degli effetti a breve e lungo termine del trauma.

L’abuso sessuale può manifestarsi attraverso comportamenti attivi o mediante omissione, che comprende sia atti sessuali diretti sul corpo del bambino, sia il costringere il bambino ad assistere a rapporti sessuali. Pertanto, l’ordinamento sanziona due categorie di condotte: quelle esercitate con costrizione, ovvero mediante violenza, minaccia o abuso d’autorità, e quelle realizzate mediante induzione, comprendendo inganno o sfruttamento delle condizioni di inferiorità fisica o psichica, nel senso di soggezione psicologica. 

Un elemento significativo della riforma è stato l’unificazione delle due figure precedenti di violenza carnale e atti di libidine violenta (atti sessuali violenti diversi dalla congiunzione carnale), precedentemente valutate in modo differenziato in termini di pene. Questa unificazione è avvenuta attraverso l’introduzione dell’articolo 609 bis, che riguarda gli “atti sessuali”. L’obiettivo era eliminare la necessità di indagini umilianti per le vittime, che miravano a identificare la condotta specifica compiuta dal colpevole in ogni caso. L’unificazione rappresenta chiaramente un segno di cambiamento culturale e di percezione sia della sessualità che del concetto di “persona”. Precedentemente alla riforma, c’era la convinzione che la congiunzione carnale dovesse essere considerata, dal punto di vista normativo, come una figura criminosa di maggiore gravità rispetto agli atti sessuali di altra natura. Questa prospettiva non teneva evidentemente conto né del grado di compromissione della libertà sessuale derivante da atti che non coinvolgono la “congiunzione degli organi genitali”, né delle conseguenze dannose che ne possono derivare. La riforma, quindi, ha riflettuto una nuova comprensione della sessualità e ha cercato di eliminare distinzioni basate su presupposti obsoleti.

Le disposizioni della legge n. 66/96 mirano a proteggere ogni individuo da intrusioni illecite e disturbanti nella propria sfera di libertà, indipendentemente dal genere e dall’età, che sia adulto o minore. Una particolare attenzione è rivolta a quest’ultimo a causa della sua immaturità psicofisica, della conseguente incapacità di fornire un consenso automaticamente libero e consapevole, della sua inesperienza e delle gravi conseguenze che tali intrusioni possono avere sul suo processo di crescita equilibrato e armonico. La legge n. 66/96 identifica quattro categorie di reati di violenza sessuale in senso ampio: la violenza sessuale in senso stretto, gli atti sessuali con minorenni, la corruzione di minorenni e la violenza sessuale di gruppo.

​Guttae Legis

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