La situazione carceraria degli autori di reati sessuali “sex offender”

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Il delinquente sessuale (sex offender), in realtà, viene considerato come il culmine del male, un “mostro” privo di possibilità di recupero e di guadagnarsi rispetto. La brutalità dei crimini commessi lo colloca al di là dei limiti della comprensione umana. A causa di ciò, coloro che commettono reati di natura sessuale sono assegnati alle cosiddette “sezioni protette”, dove viene esclusa la possibilità di condividere spazi e attività con i detenuti “ordinari”. Questa separazione è attuata per prevenire che diventino vittime di violenze e minacce da parte degli altri detenuti. È frequente che i delinquenti sessuali, a causa del sovraffollamento carcerario e delle restrizioni di spazio, siano costretti a trascorrere gran parte delle loro giornate nelle celle, subendo un trattamento che viola il divieto di trattamenti inumani e degradanti sancito dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e condannato dalla Corte di Strasburgo.

Il trattamento differenziato riservato a questi individui non si limita a questo aspetto, ma si estende anche alle restrizioni nei confronti delle procedure legali, come il divieto di avvalersi della procedura del patteggiamento allargato ex art. 444, comma 1-bis, c.p.p. e l’ostacolo nell’accesso a misure penitenziarie premiali. Si tratta di normative volte a sottolineare l’obiettivo punitivo e riparativo della sanzione, introdotte nel tentativo di rispondere alle necessità di tutela della società. Al contempo, il legislatore ha iniziato a introdurre misure di intervento differenziate, riconoscendo l’inefficacia di interventi basati esclusivamente sulla repressione, piuttosto che sulla rieducazione e sulla prevenzione. In considerazione di quanto detto, sono stati avviati nel corso degli anni progetti e programmi sperimentali di trattamento presso diverse istituzioni carcerarie italiane. Questi interventi mirano a promuovere la socializzazione e l’inclusione tra i detenuti, concentrandosi soprattutto sulla rieducazione dei delinquenti sessuali al fine di mitigare il rischio di recidiva. È opportuno iniziare analizzando le restrizioni imposte agli autori di reati sessuali, tra le quali riveste indubbiamente un ruolo significativo la disciplina dell’articolo 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario.

Questa norma stabilisce le condizioni per l’ottenimento dei permessi premio, del lavoro all’esterno e delle misure alternative alla detenzione previste nel capo VI, ad eccezione della liberazione anticipata. Ciò che assume rilevanza per la presente trattazione è il percorso delineato dalla normativa per gli autori di reati contro la libertà sessuale. Il comma 1-quater772, infatti, stabilisce chiaramente che l’ottenimento dei benefici previsti dal comma 1 è condizionato, per una serie di reati tra cui la violenza sessuale ai sensi dell’articolo 609-bis c.p., 609-ter c.p., gli atti sessuali con minorenni secondo l’articolo 609-quater c.p. e la violenza sessuale di gruppo di cui all’articolo 609-octies c.p., ai “risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta in modo collegiale per almeno un anno, coinvolgendo anche esperti di cui al quarto comma dell’articolo 80 della presente legge”. In particolare, la disposizione prevede la cessazione della condizione ostativa per i reati indicati nei commi 1, 1-bis, 1-ter dell’articolo 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, in caso di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter dell’Ordinamento Penitenziario, “purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”. Ciò si verifica nei casi di “limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata con sentenza di condanna”, di collaborazione impossibile o irrilevante, oppure se non emergono “elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità”.

La logica alla base della disciplina differenziata si basa sulla natura soggettiva e personalistica dei reati sessuali, differenziandoli dalle altre tipologie di reato menzionate nella norma, che si caratterizzano per l’aspetto associativo o per il legame con organizzazioni criminali, terroristiche o sovversive. È importante sottolineare che questa disciplina viene applicata specificamente quando un individuo è sottoposto a misure detentive a causa della commissione di un reato di natura sessuale. L’identificazione dei reati che richiedono una grave valutazione per condizionare l’ottenimento di benefici penitenziari a requisiti specifici riveste un ruolo cruciale, soprattutto nella fase di esecuzione della pena, influendo sulla possibile sospensione disciplinata dall’articolo 656 del codice di procedura penale. Dopo una sentenza di condanna definitiva, il pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione e, se il condannato non è già detenuto per lo stesso motivo, ne dispone l’incarcerazione. Nel calcolo dei suddetti limiti temporali, si tiene conto anche della pena scontata in seguito all’applicazione della liberazione anticipata secondo l’articolo 54 dell’Ordinamento Penitenziario.

Il decreto di sospensione dell’esecuzione viene notificato al condannato e al suo difensore, con l’informazione sulla possibilità di presentare un’istanza entro trenta giorni per ottenere una misura alternativa alla detenzione. L’istanza è trasmessa dal pubblico ministero al tribunale di sorveglianza, il quale prende una decisione entro un periodo compreso tra i 30 e i 45 giorni dalla ricezione della richiesta. La motivazione alla base della sospensione dell’esecuzione di pene detentive brevi non solo si fonda sulla consapevolezza dell’alta valenza rieducativa delle misure alternative rispetto alla detenzione, certamente più impattante, ma anche sulla necessità di evitare il sovraffollamento carcerario. D’altro canto, il legislatore ha giudicato opportuno stabilire, al comma 9, lettera a), dei limiti all’applicazione della disciplina in questione. Questi limiti coinvolgono, innanzitutto, i reati menzionati nell’articolo 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, che comportano una presunzione, seppur relativa, di pericolosità sociale, andando in contrasto con la finalità dell’istituto basata su una presunzione di ridotta pericolosità. Ai fini di questa trattazione, assume particolare rilievo il richiamo ai reati di natura sessuale previsti negli articoli 609-bis e seguenti del Codice penale.

​Guttae Legis

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