L’art. 38 quale espressione di un‘obbligazione solidale di risultato e non di mezzo

banner pubblictà

Il modello di sicurezza sociale basato sulla ‘solidarietà a cerchi concentrici’, che ritaglia, esaltandolo, un ruolo attivo del singolo individuo e delle formazioni sociali in ragione di quel dovere di solidarietà economica e sociale che la Costituzione italiana impone ai sensi dell’art. 2, trova oggi riscontro, a livello legislativo, specie in ragione della crescente insostenibilità finanziaria del sistema pensionistico pubblico in senso stretto. Tuttavia, da un punto di vista strutturale, Sistema informativo delle malattie infettive (SIMI) concepisce questo sistema sulla base di una netta contrapposizione tra previdenza e assistenza sociale; ricorrendo a istituti o strumenti già noti all’entrata in vigore della Costituzione (solidarietà, fiscalità, mutualità, assicurazione) che, a ben vedere, non si impongono come costituzionalmente vincolanti. Così come non è altrettanto costituzionalmente vincolante un modello di sicurezza sociale caratterizzato da una gestione verticistica o monopolistica dei servizi prestati. L’art. 38 della Costituzione, cioè, non impone una scelta costituzionalmente vincolata al legislatore; non definisce un modello di sicurezza sociale sempre identificabile, nel corso del tempo, per la sua struttura; non impone soluzioni o strumenti predeterminati, ma lascia libero il Legislatore di scegliere i mezzi e di adattare ai tempi e sicuramente alle risorse finanziarie disponibili l’organizzazione del sistema previdenziale. L’art. 38 della Costituzione si caratterizza quindi per la sua elasticità; per la sua carica dinamica; è, nel nostro ordinamento costituzionale, una «norma aperta», che impone in capo allo Stato ‘un’obbligazione solidale’, non di mezzo, ma di risultato: l’unica scelta costituzionalmente vincolata e vincolante per il Legislatore presente e futuro è l’attuazione del programma di liberazione dell’uomo dal bisogno; la realizzazione di quello standard di protezione che l’art. 38 Cost., compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, prevede, quali che siano nel tempo gli strumenti utilizzati o utilizzabili. A far chiarezza circa la portata dell’art. 38 Cost., ha contribuito la Corte costituzionale, la quale, in più occasioni, ne ha offerto una interpretazione anche sistematica. Innanzitutto, la Corte costituzionale ha sottolineato il carattere unitario del modello di sicurezza sociale, alla luce degli articoli 2 e 38 Cost.: un tale sistema appare essere costruito su ‘istanze solidaristiche a cerchi concentrici’; in tal senso, la Corte ha avallato la distinzione tra assistenza sociale, che richiede il necessario coinvolgimento della solidarietà generalizzata a tutta la collettività e la previdenza sociale, costruita – sebbene non esclusivamente – sulla base del rapporto mutualistico di gruppo o di categoria, che, quale espressione di quell’istanza solidaristica imposta dagli artt. 2 e 3 Cost., è preordinata anche a logiche di giustizia redistributiva. Secondo la Corte però, la diversa attuazione della solidarietà ‘assistenziale e previdenziale’ corrisponde ad una scelta politica non irrazionale, in quanto «è rimessa alla discrezionalità del legislatore la determinazione dei tempi, dei modi, e della misura delle prestazioni sociali sulla base di un razionale contemperamento con la soddisfazione di altri diritti, anch’essi costituzionalmente garantiti, e nei limiti delle compatibilità finanziarie». Da questo punto di vista, è vero che la Corte ha manifestato nel tempo una costante propensione per un sistema di sicurezza sociale basato sulla distinzione tra assistenza e previdenza sociale, delineandone i tratti distintivi, e definendo le forme di protezione sociale in termini di «due distinte fattispecie tipiche», autonomamente caratterizzate da diversi profili strutturali. Tuttavia, è anche vero che la stessa Corte ha sempre evidenziato l’apertura dell’art. 38 Cost. secondo cui tali fattispecie tipiche non rappresentano opzioni costituzionalmente vincolanti, riconoscendo, in capo al Legislatore ordinario, la possibilità di delineare modelli atipici – come ha fatto, per esempio, con l’istituto dell’integrazione al minimo – per la realizzazione dei medesimi fini. Con specifico riferimento al secondo comma dell’art. 38 Cost., poi, la Corte ha precisato che tale disposizione «lascia piena libertà allo Stato di scegliere le strutture organizzative ritenute più convenienti al raggiungimento dei fini indicati, né lo vincola, ove scelga la forma assicurativa, a improntarla ai presupposti e agli schemi delle assicurazioni private». Si può quindi qui anticipare che l’approccio della Corte costituzionale all’ambito previdenziale appare accompagnato, specie a fronte dell’insostenibilità della spesa pubblica previdenziale come si è registrato nell’ultimo ventennio, da una buona dose di pragmatismo: essa, cioè, prende atto che l’assetto del sistema previdenziale è sempre il frutto di scelte politiche del Legislatore; scelte che devono rispondere, come si avrà modo di vedere, al canone della ragionevolezza e della razionalità (che impongono riforme previdenziali ispirate al criterio della gradualità). Il Legislatore, dunque, risulta vincolato solo nel raggiungimento del risultato: la liberazione del singolo dal bisogno. La stessa Corte costituzionale, infatti, definisce la prestazione pensionistica come «strumento necessario per il raggiungimento dell’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno e alla garanzia di quelle minime condizioni che consentono l’effettivo godimento dei diritti civili e politici, con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore di un trattamento previdenziale, rispetto alla generalità dei cittadini». Da questo punto di vista, volendo marcare l’accento sull’istanza pluralistica che l’art. 38 Cost. richiama, il fine previdenziale non perderebbe la sua rilevanza pubblicistica solo per una – ipotetica – gestione da parte di soggetti privati, o per l’impostazione mutualistica della previdenza infracategoriale, in quanto la dimensione pubblicistica è rappresentata proprio dall’obbligatorietà del sistema pensionistico, dall’imposizione al singolo lavoratore/datore di lavoro dell’obbligo contributivo e dalla natura stessa dell’obbligo del versamento dei contributi, quale espressione di quel dovere di solidarietà sociale ed economica del singolo lavoratore, nei confronti dell’intera collettività. Significativo, in tal senso, è quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 1986 in materia di tetti pensionistici: «Il sistema, informato – si ribadisce – al modello della sicurezza sociale e ai principi della solidarietà operanti nei confronti dei membri della collettività, abbraccia tutte le manifestazioni della mutualità e attua un principio di collaborazione per l’apprestamento dei mezzi di prevenzione e di difesa contro i rischi protetti. Il contributo non va a vantaggio del singolo che lo versa, ma di tutti i lavoratori, e peraltro, in proporzione del reddito che si consegue, sicché i lavoratori a redditi più alti concorrono anche alla copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi». Ed ancora: «L’adempimento dell’obbligo contributivo corrisponde alla soddisfazione di un interesse diverso e superiore a quello egoistico del singolo soggetto protetto e la realizzazione della tutela previdenziale corrisponde al perseguimento dell’interesse pubblico e, cioè, di tutta la collettività». Così, altrettanto significativo, in merito, è quanto affermato dalla Corte costituzionale in relazione alla privatizzazione dell’ente nazionale di previdenza e assistenza per i veterinari e al relativo obbligo di iscrizione: nella sentenza n. 248 del 1997, infatti, i Giudici costituzionali sottolineano come «la suddetta trasformazione ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale».

​Guttae Legis

Read More

banner pubblicità

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*