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In Friuli Venezia-Giulia sono 100mila i malati di diabete, a cui si aggiungono circa 30mila che non sanno di averlo. Gli appelli di Andrea Da Porto, Presidente Regionale AMD Friuli-Venezia Giulia e di Riccardo Candido, Presidente Nazionale AMD e Presidente FeSDI a investire in programmi di cura e di prevenzione, nei quali la promozione di sani stili di vita sia al primo posto.
Udine, 16 gennaio 2024 – “Abbiamo conosciuto il termine pandemia con il Covid, ma ci sono altre emergenze che possiamo definire pandemiche, in questo caso il diabete di tipo2”. A parlare, in occasione dell’evento “LA PANDEMIA DIABETE T2 – DAI MODELLI ORGANIZZATIVI, ALLE CRITICITÀ GESTIONALI, ALLE NUOVE OPPORTUNITÀ DI CURA – FRIULI VENEZIA GIULIA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Menarini Group e la collaborazione scientifica di AMD, è Gian Luigi Tiberio, Presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri di Udine. “Nella nostra regione – continua Tiberio –registriamo un alto numero di casi e questo deve farci riflettere su un concetto fondamentale: la prevenzione. Parliamo di una patologia moto diffusa e spesso legata a stili di vita non sempre corretti. Eventi come quello di oggi rappresentano un’occasione per divulgare un importante messaggio legato alla prevenzione, che tutti noi medici siamo chiamati a diffondere tra i nostri assistiti”. L’importanza della prevenzione è stata evidenziata anche da Andrea Da Porto, Presidente Regionale AMD Friuli-Venezia Giulia, numeri alla mano: “In Friuli Venezia-Giulia sono circa 100mila i malati di diabete, oltre a circa 30mila persone che sono affette dalla patologia ma non sanno di averla, dal momento che spesso è asintomatica. Sappiamo però che per il diabete tipo 2, quello più diffuso, è essenziale fare prevenzione e intervenire tempestivamente sugli stili di vita per ridurre il rischio di insorgenza e l’impatto delle complicanze sullo stato di salute del paziente. È quindi urgente investire in programmi di cura e di prevenzione nei quali la promozione di sani stili di vita sia al primo posto. In Italia, oltre il 30% delle persone con diabete ha uno stile di vita sedentario e la nostra Regione non fa eccezione in questo senso: un dato estremamente preoccupante che necessita di un’inversione di rotta. Promuovere l'importanza della prevenzione attraverso l’attività fisica e della diagnosi precoce del diabete per una migliore qualità di vita, una riduzione delle complicanze e una riduzione dei costi è fondamentale”. “Il diabete in Italia colpisce circa 4 milioni di persone e l’impatto della malattia sul Servizio Sanitario Nazionale è assai rilevante”, aggiunge Riccardo Candido, Presidente Nazionale AMD e Presidente FeSDI. “Basti pensare al peso che le complicanze – cardiovascolari, renali, oculari e degli arti inferiori – hanno sulla salute complessiva, ma anche sui costi diretti e indiretti della patologia, pari a circa il 9% della spesa sanitaria. Negli ultimi anni, la ricerca farmaceutica e tecnologica ha fatto passi da gigante e oggi le soluzioni terapeutiche a disposizione per la gestione quotidiana del diabete tipo 2 sono sempre più vicine alle specifiche esigenze delle persone con diabete. Gli ultimi dati Annali AMD dimostrano un progressivo superamento dell’inerzia terapeutica a beneficio dell’utilizzo dei cosiddetti farmaci innovativi dalla comprovata efficacia per la riduzione delle complicanze cardio-renali e una migliore gestione del compenso glicemico. Tuttavia, a livello strutturale, permangono alcune criticità che andranno progressivamente risolte attraverso lo sviluppo di sinergie con tutti i professionisti coinvolti nella presa in carico della persona con diabete per l’implementazione di un modello efficace ed efficiente in grado di garantire la migliore qualità di cura attuale e futura, anche in ragione dell’aumento della prevalenza. Come società scientifica siamo costantemente al lavoro affinché il nostro SSN sia in grado di offrire una presa in cura equa e accessibile su tutto il territorio nazionale”. “La complicanza renale del diabete mellito è frequente, a tal punto che oltre il 25% dei pazienti in trattamento sostitutivo dialitico nella Regione Friuli Venezia Giulia è diabetico, a fronte di una prevalenza nella popolazione generale del 6,7%”, sottolinea Giuliano Boscutti, Direttore SOC Nefrologia, Dialisi, e Trapianto Renale, Azienda ospedaliero-universitaria "S. Maria della Misericordia" di Udine. “Questa popolazione diabetica con insufficienza renale terminale in trattamento dialitico presenta numerose complicanze associate, condizionando una prognosi particolarmente severa e richiedendo particolari attenzioni e cure polispecialistiche per la sua gestione. Anche i trapiantati renali, pur essendo una popolazione selezionata, presentano una prevalenza di diabete mellito analoga (23%), in parte legata alla preesistenza di questa condizione e in parte dovuta anche allo sviluppo di diabete post-trapianto fortemente condizionato dalle terapie immunosoppressive necessarie. Anche questi pazienti presentano quindi la necessità di cure polispecialistiche dedicate. Diabete e insufficienza renale si influenzano negativamente a vicenda in maniera pesante, essendo entrambi fattori importantissimi di rischio cardiovascolare. E sono le complicanze vascolari periferiche, cardiovascolari e cerebrovascolari ad essere particolarmente frequenti e severe in questa popolazione, condizionandone pesantemente la qualità di vita, il consumo di risorse e la prognosi. Se fino ad ora quello che poteva essere fatto per contenere l’evoluzione della nefropatia in corso di diabete si limitava allo stretto controllo glicemico e pressorio utilizzando farmaci bloccanti del sistema renina-angiotensina, stiamo ora vivendo un momento di rapida innovazione farmacologica (SGLT2 inibitori, Finerenone) che, insieme anche a nuovi farmaci capaci di ridurre il rischio della iperpotassiemia farmaco-indotta, sembrano promettere un mutamento radicale delle prospettive di trattamento. E questo si riflette in un importante miglioramento in uno della prognosi renale e cardiovascolare. Tempi nuovi e nuove prospettive terapeutiche richiedono modifiche anche organizzative che, senza abbandonare le conquiste della medicina specialistica, facilitino l’accesso alle nuove risorse resesi disponibili a un numero molto ampio di pazienti in modo razionale, senza saturare ed ingolfare i sistemi sanitari che necessariamente hanno mezzi e risorse limitate”.
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