(Adnkronos) – “Per parlare dello stato dell’arte della filiera dell’idrogeno in Italia bisogna fare una premessa, ovvero che il nostro Paese ha un settore industriale che potenzialmente può essere coinvolto dal settore idrogeno in maniera positiva, con molti ambiti della supply chain, di componentistica e di sistemi di vari settori industriali che possono essere riconvertiti per produrre analoghi componenti e sistemi all’interno della filiera idrogeno. Questa diventa quindi anche un’opportunità di natura economica”. Sono le parole di Luigi Crema, direttore del Centro per l’energia sostenibile della Fondazione Bruno Kessler e presidente di Hydrogen Europe Research, ieri a margine del panel ‘I nuovi modelli per la transizione energetica: gli scenari del green sharing’, tenutosi nel corso della prima giornata di ReBuild – Meeting the next built environment. In svolgimento al Centro congressi di Riva del Garda il 14 e 15 maggio 2024, ReBuild è la manifestazione dedicata all’innovazione sostenibile dell’ambiente costruito che quest’anno giunge alla sua decima edizione. “Sulla costruzione di un mercato dell’idrogeno in Italia abbiamo ancora diversi gap – aggiunge Crema – Questi gap sono presi in considerazione dal Pnrr, con semplificazioni degli iter autorizzativi ed incentivazione del settore, su cui il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica sta lavorando e, per la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo anno, dovrebbero essere a disposizione degli operatori interessati allo sviluppo di questa filiera gli strumenti che creano un quadro di mercato più accessibile”. “Sicuramente l’Italia ha un ruolo interessante – sottolinea il presidente di Hydrogen Europe Research – soprattutto nella sua parte meridionale, per il potenziale di rinnovabili e la conversione di parte di queste in idrogeno, ma soprattutto per costituire il corridoio meridionale di approvvigionamento dell’idrogeno per l’ambito europeo, oltre che nazionale, con la realizzazione di una infrastruttura che parteciperà alla European Hydrogen Backbone, ossia l’ossatura di trasporto dell’idrogeno lungo l’Europa, che al 2040 prevederà lo sviluppo di 60.000 chilometri di rete ad idrogeno in Europa. L’Italia dovrebbe così trasferire l’idrogeno prodotto a basso costo, anche nel Nord Africa, verso i mercati di consumo dove è presente la maggior densità di industria pesante, quindi nell’ambito padano e in quello mitteleuropeo tedesco. In ambito europeo, il tutto è all’interno di un quadro di sviluppo di un settore estremamente articolato e complesso, che richiede un approccio di realizzazione di molte infrastrutture abilitanti, però ormai tutti gli studi identificano l’idrogeno come un elemento fondante del raggiungimento della decarbonizzazione completa al 2050 come obiettivo europeo e abilitante alla profonda elettrificazione dei consumi finali”. “L’elettrificazione da sola non può esistere e funzionare – conclude Crema – in quanto gli stessi studi dicono che è impraticabile, anche dal punto di vista dei costi, decarbonizzare l’ultimo 20-25% dei consumi finali. Quindi l’idrogeno diventa, assieme all’elettrificazione, la combinazione ideale per ottimizzare costi di investimento, raggiungimento dei target europei, rispetto dell’ambiente, oltre che ad essere un tema anche relativo all’industrializzazione europea. L’Europa ad oggi sul settore idrogeno è un leader a livello mondiale”. —lavorowebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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