(Adnkronos) – La lunga strada che porta una terapia dal laboratorio ai pazienti è segnata da tante diverse tappe, tutte fondamentali. Tuttavia, una di queste viene molto spesso trascurata e ignorata, come se fosse un’inutile lungaggine burocratica: la pubblicazione dei risultati degli studi clinici sui registri pubblici entro i 12 mesi dalla fine del trial, uno standard richiesto dall’Organizzazione mondiale della sanità, a prescindere dalla pubblicazione o meno del lavoro su una rivista scientifica. Stando a quanto riportato dall'Oms “un numero considerevole di studi risulta non registrato dopo un anno”. In Europa, ad esempio, il 26% degli studi è stato registrato retrospettivamente (3.457 su 13.254) nel 2022. Ciò comporta una mancanza di informazione che, a sua volta, può riflettersi sulla sostenibilità della ricerca. Questo vale soprattutto per l’oncologia, che rappresenta una quota rilevante della ricerca clinica globale, evidenzia Cipomo in occasione del suo 28esimo congresso nazionale, che si è aperto oggi a Siracusa e che si concluderà il prossimo 11 maggio. "I progressi ottenuti con la ricerca scientifica hanno determinato, per molte malattie oncologiche, un miglioramento della prognosi e una radicale modifica della storia naturale di malattia – afferma Luisa Fioretto, presidente Cipomo e direttore del Dipartimento oncologico dell’Azienda sanitaria Toscana Centro –. Tuttavia, l’abitudine di trascurare la tappa della pubblicazione dei risultati su un registro pubblico, lo stesso dove vengono registrati gli studi nel momento in cui vengono attivati, può in alcuni casi rallentare il progresso in uno dei settori a più alta velocità di innovazione". I registri di studi clinici sono dei database consultabili via internet e messi a punto da enti governativi, centri di ricerca, associazioni scientifiche, che elencano le sperimentazioni cliniche autorizzate in corso o che stanno per cominciare. "Per l’Oms pubblicare i risultati solo su una rivista scientifica non è sufficiente – specifica Paolo Tralongo, presidente del congresso Cipomo e direttore del dipartimento di oncologia dell’Azienda sanitaria provinciale di Siracusa – ma è necessario riportare i dati anche nei registri pubblici. Adempiere a questo impegno consente di migliorare l’assistenza sanitaria, di aiutare le agenzie governative ad allocare correttamente le risorse. I trial che non sono stati né registrati né pubblicati rimangono completamente invisibili. Questo è un grave problema sia per i ricercatori che per le agenzie regolatorie, che hanno la necessita di conoscere tutti i trial pregressi per determinare la sicurezza e l’efficacia di un farmaco o di un dispositivo. I trial invisibili determinano inoltre rilevanti sprechi nella ricerca, con scoperte importanti che non vengono condivise". "Considerata la progressiva insostenibilità dei sistemi sanitari – evidenzia Fioretto – al fine di determinare se l’efficacia di un farmaco ne giustifica il costo, i decisori preposti devono poter avere accesso ai risultati completi di tutti i trial clinici: questo spesso non accade con possibile spreco di risorse pubbliche". La pubblicazione dei risultati dei trial sui registri pubblici è, dunque, più importante che mai. Si stima, infatti, che ogni anno vengano sprecati circa 85 miliardi di dollari per finanziare costosi trial che non contribuiscono al progresso della medicina in quanto i risultati non vengono resi noti e i ricercatori si trovano a duplicare inutilmente trial su farmaci di cui altri hanno già documentato i rischi e/o la mancata efficacia. “Promettenti nuovi approcci e potenziali rischi possono passare inosservati per molti anni e i ricercatori non hanno la possibilità di basarsi sulle reciproche scoperte", aggiunge Tralongo. "Tutti gli enti che finanziano la ricerca dovrebbero adottare e seguire gli standard di trasparenza dell’Oms per la divulgazione dei risultati dei trial clinici con conseguenti vantaggi per il sistema sanitario e per i nostri pazienti", concludono Fioretto e Tralongo. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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