Riflessione in ambito penale riguardante l’incitamento e la giustificazione dei crimini di terrorismo attraverso discorsi di odio

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La decisione di concentrarsi sugli atti di istigazione e apologia, selezionandoli come aspetti salienti dell’approccio preventivo del sistema penale nei confronti del fenomeno del contrasto al terrorismo, è strettamente legata alla natura della violenza jihadista. La parola, manifestata attraverso forme di esaltazione, propaganda e proselitismo verbale, è intrinsecamente legata e fondamentale nel programma di terrore delle organizzazioni terroristiche. Essa rappresenta lo strumento essenziale per aumentare il numero di adepti, diffondere il messaggio d’odio, facilitare le comunicazioni transfrontaliere tra gli affiliati e attuare i propositi criminali. Il legislatore penale ha quindi riconosciuto la necessità di utilizzare, con opportuni aggiornamenti, gli strumenti già presenti nel quadro legislativo per affrontare il cosiddetto “hate speech terroristico” e le conseguenze che la “parola del terrore” ha sulla stabilità e sicurezza dei beni giuridici protetti dall’ordinamento contro il pericolo della violenza terroristica. La sfida attuale nel contrastare l’odio terroristico, considerando la diffusione dei messaggi all’interno del cyberspazio e l’influenza pervasiva dei social network, ha reso ancora più impegnativo il compito degli interpreti del diritto. Oltre alla semplice definizione di leggi volte a sanzionare l’incitamento all’odio, dottrina e giurisprudenza devono adattare i principi applicativi alle moderne dinamiche, comprendendo come la libera espressione del pensiero possa coesistere con la necessità di punire comportamenti dannosi senza ledere il diritto fondamentale di esprimere idee e opinioni. In questo contesto, si pongono in discussione i principi di uno Stato costituzionale: gli interpreti devono discernere i valori-guida quando si tratta di giudicare discorsi che incitano all’odio, anche se appaiono come espressioni legittime della personalità e delle idee individuali. Questo compito è reso più complesso quando tali valori costituzionali interagiscono con contesti sociali o etnici diversi, dai quali derivano tali discorsi e a cui sono rivolti. Il rischio è di una visione ristretta, in cui l’attenzione rimane confinata all’ordinamento interno senza considerare più ampi contesti. Pertanto, diventa essenziale utilizzare una lente d’ingrandimento che consenta di valutare l’importanza di specifiche appartenenze culturali come contesti di espressioni di opinioni o idee, che possono apparire odiosi e pericolosi da vicino, ma che assumono forma, motivazione e si liberano dai profili critici se osservati da lontano. Quindi, si evidenzia la necessità di considerare il contesto e l’appartenenza culturale nel dibattito nazionale e internazionale sulla relazione tra l’incriminazione dei discorsi d’odio, di qualsiasi natura essi siano, e la libertà di espressione. Nei paesi con ordinamenti basati su carte costituzionali, il diritto fondamentale alla libertà di espressione è stato generalmente considerato un principio inviolabile, talvolta ritenuto non soggetto a bilanciamento giudiziale, talvolta interpretato come un diritto intrinsecamente illimitato in quanto fondamento di ogni Stato democratico. È opportuno esaminare le fattispecie di apologia e istigazione previste dall’articolo 414 del codice penale italiano in una prospettiva di teoria generale del reato. Questo permette di comprendere la loro natura, portata e operatività, anche in relazione al diritto costituzionalmente garantito alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 della Costituzione italiana). Tale analisi può costituire un utile esercizio ermeneutico per valutare se i tratti distintivi che caratterizzano queste fattispecie possano essere applicati anche nel contesto del terrorismo e in situazioni di alterità culturale. Il contesto sociale multiculturale, il pluralismo ideologico e politico delle democrazie liberali, così come le trasformazioni sociali, economiche e culturali, sono fattori che influenzano notevolmente l’interpretazione e l’applicazione delle norme penali relative all’opinione, inclusi i reati codificati all’articolo 414 del Codice penale italiano. In particolare, la riflessione su come queste norme si adattino ai contesti complessi del terrorismo e delle relazioni interculturali può contribuire a sviluppare una comprensione più approfondita delle sfide giuridiche e sociali connesse alla lotta contro il terrorismo e alla promozione della convivenza pacifica e del rispetto reciproco. Questo tipo di analisi può fornire spunti utili per l’interpretazione e l’applicazione del diritto penale in contesti sempre più complessi e diversificati. Le parole chiave centrali in questo contesto sono la manifestazione pubblica di idee, la valutazione della pericolosità concreta, la prevenzione, la sicurezza e l’ordine pubblico. Sarà fondamentale esaminare se le norme riguardanti apologia ed istigazione a commettere atti terroristici siano compatibili con la salvaguardia della libertà fondamentale di espressione del pensiero, specialmente quando tale espressione si riferisce a “culture altre” e deriva da una specifica appartenenza etnico-sociale.

​Guttae Legis

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