(Adnkronos) – Prima notte in carcere, nella struttura milanese Beccaria, per il ragazzo di 17 anni arrestato ieri per la strage di famiglia a Paderno Dugnano, comune alle porte di Milano. Protetto e sorvegliato, il minore, che ha confessato l’omicidio dei genitori e del fratello 12enne, si trova nella struttura al centro di recenti rivolte e di un’inchiesta su presunti maltrattamenti. Qui sarà assistito dagli psicologi per cercare di riportare a galla il movente del triplice omicidio. Secondo le prime indiscrezioni della stampa, il ragazzo avrebbe agito perché “in casa mi sentivo un corpo estraneo. Oppresso”. E’ la telefonata del 17enne al 118 a spalancare la porta della villetta di via Anzio, dove vive la famiglia conosciuta e considerata assolutamente normale dai vicini. Il ragazzo chiede l’intervento dei soccorsi perché, dice, ha ucciso il padre. I sanitari allertano i carabinieri, quando i militari arrivano trovano 3 corpi: sono morti il padre di 51 anni, la madre di 48 e il fratello di 12. I decessi appaiono provocati da colpi inferti con arma da taglio. Il bambino, a giudicare dal numero di ferite, potrebbe essere stato ucciso per primo. Non ci sono segni di effrazione sulla porta, la casa non appare in disordine. Un coltello da cucina viene recuperato sulla scena del crimine, fuori dalla porta di casa. Il 17enne, indagato inizialmente per la morte del padre, viene condotto in caserma e interrogato. Qui, confessa di aver commesso il triplice omicidio. Il ragazzo prima prova a scaricare la responsabilità sul padre, poi crolla ammette le proprie responsabilità. “Di fronte a un evento così drammatico, dobbiamo fermarci a riflettere sul ruolo centrale dell’educazione emotiva. Troppo spesso, le famiglie si concentrano sul benessere materiale, trascurando l’importanza di insegnare ai figli come gestire la rabbia, la frustrazione e il dolore. La capacità di riconoscere e affrontare queste emozioni è fondamentale per prevenire che il disagio interno si trasformi in azioni distruttive. In questo caso, ciò che emerge in modo inquietante è che il pericolo non proviene dall’esterno, ma nasce dentro le mura domestiche, nelle emozioni non elaborate e nelle dinamiche familiari irrisolte. Non possiamo permetterci di minimizzare i segnali di disagio emotivo nei nostri giovani. La posta in gioco è altissima e non possiamo permetterci di fallire”. Così Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo, interviene su quanto accaduto a Paderno Dugnano (Milano) dove un giovane di 17 anni ha confessato di aver ucciso suo padre, sua madre e il fratellino di 12 anni. “Insegnare ai ragazzi a gestire i ‘no’, a comprendere e rispettare i limiti, e a vivere le frustrazioni e le gelosie in modo sano è essenziale per la loro crescita – suggerisce Lavenia, esperto dei problemi dell’adolescenza – Spesso pensiamo che proteggere i nostri figli significhi allontanarli da ogni forma di sofferenza, ma la verità è che è proprio affrontando le difficoltà che si costruiscono la resilienza e la capacità di vivere in modo equilibrato. È nostro compito far capire loro che non tutto è dovuto, che i rifiuti e i limiti fanno parte della vita e che sono necessari per crescere e rispettare se stessi e gli altri”. “Questa tragedia deve servirci da monito: non possiamo permetterci di ignorare queste tematiche. Il rischio di trascurarle è quello di trovarci di fronte a conseguenze irreparabili. La vera educazione deve andare oltre l’amore incondizionato; deve includere l’insegnamento dei valori, dei confini e della gestione delle emozioni, perché è da qui che dipende il benessere psicologico dei nostri giovani e della società nel suo insieme”, conclude. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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