(Adnkronos) – "Cosa spero che non succeda" nella nuova era Trump? "Che si facciano passi indietro nei progressi ottenuti finora per combattere la situazione climatica". Francesca Dominici, biostatistica che ha sfondato il 'tetto di cristallo' ad Harvard, l'ateneo americano dove dirige un maxi progetto multidisciplinare che si chiama Harvard Data Science Initiative, usa i numeri per mostrare al mondo l'impatto dell'inquinamento sulla salute umana, calcolando il tributo che paghiamo in termini di morti. La tutela dell'ambiente, la comprensione delle dinamiche del climate change, sono la missione di una vita. E per i suoi studi pionieristici la rivista 'Time' l'ha inserita – insieme ad altri due cervelli italiani all'estero – nell'elenco dei 100 personaggi più influenti del settore salute. La scienziata, sentita dall'Adnkronos Salute all'indomani della vittoria di Donald Trump nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti, prova a raccontare speranze e timori della comunità scientifica americana, in particolare di quella parte dedicata proprio alla ricerca su ambiente e salute pubblica. Per capire gli scenari che si prospettano adesso, non si può – a suo avviso – non guardare a come andò il precedente mandato del tycoon che ora torna alla Casa Bianca. Dominici lo sa bene, perché insieme a un collega di Harvard ha messo la sua agenda sui temi ambientali sotto la lente (era il 2018 e Trump aveva già annullato, rivisto o annunciato di voler abrogare diverse normative e politiche ambientali storiche) per valutarne le ricadute a livello di salute. "Una boccata d'aria cattiva", era il titolo dell'analisi pubblicata su 'The Jama Forum'. La speranza di Dominici per il futuro è prima di tutto che la scienza resti il faro. "E quindi spero che, in questo passaggio di poteri, non succeda che alla guida di agenzie federali come l'Environmental Protection Agency (Epa), i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), la Food and Drug Administration (Fda) arrivino persone che non hanno una formazione scientifica. La scienza non deve essere influenzata da opinioni politiche o religiose – riflette – La scienza deve essere informata dai fatti, dai dati, dallo studio e dalla competenza. Indipendentemente da quali siano le opinioni politiche, religiose, quelle sull'immigrazione o sull'aborto, le opinioni in quanto tali vanno rispettate, però non devono infiltrare il processo scientifico. Il processo scientifico in realtà è molto semplice: si parla di studio, di competenze, di dati, di policy, di leggi, tutti elementi che devono basarsi su informazioni obiettive". Altrimenti, avverte, "il rischio è che si abbiano ripercussioni negative, e in passato è successo". Parlando in particolare dell'ambiente, continua Dominici, "mi auguro che, anche se c'è scetticismo sul fatto che gli eventi meteorologici estremi, le ondate di calore estremo, i maxi incendi ad altissimo impatto, siano dovuti al climate change, non si perda di vista il fatto che questi eventi stanno succedendo realmente. Stanno succedendo ogni giorno nel mondo e negli Stati Uniti, e uccidono le persone. Quindi spero che non vengano rinnegati i fondi di ricerca per aiutare le persone che poi soffrono per questi eventi estremi. Puoi essere in disaccordo sul fatto – per quanto innegabile – che questi fenomeni, come pure i cicloni tropicali e gli uragani" che sempre più spesso balzano agli onori delle cronache, "siano dovuti al climate change. Ma, anche ammesso che tu non ci creda, rimane il fatto che sono situazioni che vanno affrontate con investimenti nelle zone che sono più suscettibili. Tra l'altro, fra coloro che ne soffrono di più ci sono in particolare proprio i cittadini che hanno votato per Trump, le persone che vivono nella 'rural America', le persone in Alabama e in territori con queste caratteristiche, che poi si ritrovano senza casa, senza assistenza sanitaria". Si è discusso a lungo del protezionismo di Trump, ma che impatto potrebbe avere un approccio di questo genere sul mondo della scienza? "L'auspicio – rimarca Dominici – è che non si ostacoli l'accesso a fonti di informazioni e di dati che sono raccolti dal Governo. Questo ovviamente rallenterebbe il nostro processo scientifico, penso per esempio all'importanza di poter avere accesso a dati come quelli che il Cdc mette a disposizione sulla salute delle persone che sono andate in ospedale durante le ondate di calore. In passato l'aver bloccato queste fonti di dati governativi ha rallentato il progresso scientifico, spero dunque che non succeda. E spero che non si taglino i fondi alla ricerca. Avendo poi un laboratorio di 60 ragazzi penso a loro, penso alla generazione di giovani talenti che si stanno occupando di temi ambientali e che dovranno portare avanti la ricerca. Se si scoraggiano dallo studiare questi temi, perché nessuno ci fa più attenzione, è finita". E questo, conclude, "a me preoccupa ancora di più dei fondi per la ricerca". —salute/sanitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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