(Adnkronos) – “Prima della disponibilità delle Car-T cell, alcuni pazienti con linfoma facevano degli schemi di chemio-immunoterapia di salvataggio e poi, in casi abbastanza rari” intorno al “20-25%, se rispondeva” al trattamento, “poteva fare un trapianto da un donatore, il trapianto allogenico, che adesso direi è stato quasi completamente sostituito dall’utilizzo delle Car-T cell nel salvataggio, perché parliamo di malattie che sono ricadute o che sono refrattarie ai trattamenti chemioterapici, non parliamo delle malattie appena diagnosticate”. Così Paolo Corradini, direttore divisione di Ematologia all’ Int di Milano, professore Ematologia università degli Studi di Milano e presidente Società italiana ematologia (Sie), commenta la notizia della recente approvazione al rimborso, in Italia, di axicabtagene ciloleucel (Axi-cel) nella cura di pazienti adulti con alcuni tipi di linfomi anche dopo il fallimento della prima linea di trattamento. “Di recente – continua Corradini – è uscito anche l’aggiornamento del follow-up di uno studio importante, che si chiama Zuma7”, che ha paragonato la chemioterapia con Car-T (Axi-cel) “nelle malattie dei linfomi diffusi a grandi cellule, quindi delle malattie abbastanza aggressive, e di fatto refrattarie o con ricadute molto precoci alla prima linea di trattamento”. Sono pazienti che dopo la diagnosi “fanno il trattamento, purtroppo rispondono male, oppure rispondono e ricadono subito, cioè entro 12 mesi dalla fine delle terapie. Questo crea la categoria di un gruppo di pazienti che purtroppo ha una prognosi molto brutta, con i trattamenti di salvataggio attuali. Fare le Car T-cell, piuttosto della chemioterapia classica seguita del trattamento autologo”, può fare la differenza, ma è improntate che questi pazienti siano trasferiti tempestivamente “nei centri hub dove possono ricevere le terapie Car-T, cellule modificate geneticamente per riconoscere una proteina sulla superficie di certe cellule maligne”. Lo studio “Zuma7 – spiega Corradini – ha randomizzato (assegnato casualmente, ndr) pazienti che facevano la chemioterapia standard seguita dal trapianto autologo, che è il trattamento migliore prima dell’epoca Car T-cell, rispetto proprio alle Cart T-cell” Axi-cel “introdotte in maniera molto precoce, quindi alla prima ricaduta di malattia – le Car T-cell che abbiamo usato dal 2019 a oggi in Italia erano per la seconda o successive ricaduta – Questo studio ha dimostrato un vantaggio molto importante per i pazienti. C’è uno studio anche con una Car T-cell simile che ha dimostrato anch’esso un vantaggio, quindi ci sono 2 studi clinici che dimostrano un vantaggio”. Questo “cambia moltissimo la pratica clinica – sottolinea il rpesidente Sie – Questi pazienti dovrebbero, dai centri più piccoli, essere avviati immediatamente ai centri hub, cioè quelli autorizzati all’erogazione delle Car-T cell, perché per il paziente è molto più vantaggioso”, dopo “la prima ricaduta precoce, fare le Car T-cell piuttosto che la chemioterapia classica seguita del trattamento autologo”. Nel dettaglio, il trattamento con Axi-cel “non solo aumenta la percentuale di pazienti che rispondono alla terapia di salvataggio, ma ne allunga la sopravvivenza” Si tratta di “un impatto reale nel cambiare la sopravvivenza dei pazienti. Questo trattamento – ricorda Corradini – è molto complesso da produrre ed è anche costoso, però è un trattamento a singola infusione. Non sono 3-4 cicli di chemioterapia e il ricovero lungo del trapianto, come il trattamento standard di oggi, ma è una singola infusione, un ricovero che può durare 7-8 giorni, e che in genere non ha grandissimi problemi. Poi, finito tutto – conclude – non si fa più nessun trattamento. In chi ha funzionato, c’è una buona possibilità di guarire e non si fanno altre terapie”. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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